Binari storti

Binari storti
Binari storti (LietoColle, 2015)

mercoledì 5 dicembre 2012

My Little Italy


"Sappiate avere torto, il mondo è pieno di gente che ha ragione. È per questo che marcisce". 

(L.F. Céline)


Stamani la strada era bianca, densa, emulsionata a candide gocce edulcorate dal grigio di quella cenere che stancamente si posa sul viaggio del ritorno, quando ti attende un pasto caldo tra le mormoranti voci di un presente assente. Stamani la strada era nuova, abbracciata dal freddo, dipinta dagli ombrelli colorati dei ragazzi che non erano andati a scuola, pervasi da una speranza nuova aggrappata al sodalizio dell'età. E quegli occhi ancora parlano di speranze come i gesti istintivi che simulano i sorrisi del corpo, quando tutto risuona, anche l'eco del domani. My Little Italy I love you, my Little Italy don't forget me e ... come già si sa, il ricordo trasforma i volti e le sembianze perché tu, quella speranza non la doni, la esigi senza restituzione, senza contraccambiare il bacio vellutato della poesia. Ancora ci attende un pasto caldo, lenzuola profumate di fresco e notti da bere, ed io, ancora esisto di fronte allo specchio, ogni mattina e forse dovrei ringraziare il Signore degli anelli, dagli Elfi del mondo incantato al buon Frodo che rincorre un rudere d'oro, che mi fanno ingurgitare pozioni giornaliere di fantasia. O forse dovrei ringraziare le dosi di una pubblicità perbenista e borghese che m'allieta di canti natalizi la memoria di un Natale condiviso tra panettoni e torroni, tovaglie e lustrini, alberi e presepi senza il filo dell'amore, l'unico collante che potrebbe risanare le scuciture improvvise di una crisi che coinvolge anima e corpo, pensiero e parola.

Ed io che sono donna non mi racconto come donna, raccontare di donne non è facile, parlare dell’essere donna oggi ancora più difficile. Stalker e mobbing,  ricatti e vendite di nude proprietà continuano a imperversare nel tessuto imprenditoriale di stampo familiare che è divenuto il ghetto di un falso progressismo, metamorfosi involuta di una borghesia senza più mezze misure in cui il Padrone di turno regge pur sempre le fila delle sue splendide marionette. Non è più l’epoca della rivendicazione dei diritti dell’operaio sfruttato per 12 ore di seguito e sottopagato, è l’epoca della rivendicazione dei diritti universali, del diritto allo studio e al lavoro, ad una casa ormai inaccessibile alla maggior parte della popolazione se non vendendo il tempo di una vita alle banche padrone di un debito eterno inestinguibile, ad un tasso di estrema dis-umanizzazione.  Siamo tutti prede del sistema, siamo pesci in bocca ai pescecani, ovunque andiamo abbocchiamo all’amo per non annegare e sperare di rivedere la superficie infarciti di serate in discoteca, pizze e arancini, happy-hour matematicamente proporzionati ad un etto di felicità, concerti esplosivi e cine-panettoni senza stelle di Natale. Tuttavia, la morte che si prospetta è molto più lenta ed agonizzante perché riguarda lo spirito di una libertà offesa e mutilata: l’amo trascina e non si ferma, non ti permette più di nuotare, di qui il passo è breve per arrivare ad una falsa cultura che fa da specchio alla menzogna dell’anima. I compromessi sono molti, troppi e affaticano lo spirito, indeboliscono la volontà e annullano il giusto divario che dovrebbe esistere tra il Bene e il Male, tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato mentre si persegue ormai l’ottica dell’egoismo e dell’arrivismo senza limiti, come dire “Oggi tocca a me, io sto bene, ho un lavoro, una bella casa e una bella famiglia, chi me lo fa fare a protestare, denunciare, a smascherare, a oppormi … tanto non serve a nulla, devo preservarmi e preservare i miei affetti”. Ebbene questa bella frase viene pronunciata ogni giorno da milioni di Italiani, My Little Italy, dal poliziotto che massacra un ragazzino, dal dentista che spera ogni giorno in carie sempre più marcate, dal critico letterario che osanna il vincitore del concorso di turno, dal medico che cura un’eventuale psiche offesa e ricambia con la prescrizione di farmaci-droga. E così, s’ingurgitano pillole perché la depressione è ormai incurabile non sapendo che s’ingurgitano confetti di impotenza e rassegnazione. La grande epoca della depressione, della mancanza di volontà opposta alla frenesia dell’avere e dell’apparire. Comunque un binario ormai distorto, in ambedue i casi manca il paletto fermo del termine Umano, donna o uomo che sia. E qui cade anche l’Uomo, cade nella sua incapacità di confrontarsi a 360°, cade perché non conosce il divenire e si adegua fermandosi alla femminilizzazione estetica della Forma. Così i ruoli si confondono e tutto scivola paradossalmente nel magma dell’a-morfismo, senza più tracce di una autentica realizzazione interiore. Per di più ci si getta “anima” e corpo alla ricerca della vera essenza, adottando nuove religioni e pratiche orientali di stampo new-age per rilassare la mente e scovare quel Terzo occhio indisciplinato che non se la sente di uscire allo scoperto perché finirebbe senza se e senza ma nel calderone del Nulla, nella fusione indistinta dell’impotenza architettonica dell’agire. Il termine “umano” è poi così demodé?

Stamani la strada era bianca, non vuota, My Little Italy, e posso ancora dirti I'm feeling good ...

Vincenza Fava