Binari storti

Binari storti
Binari storti (LietoColle, 2015)

sabato 23 luglio 2016

Amore e poi... il nulla



Sapete cosa vi dico? Che se non fottete l’amore è l’amore che vi fotte. E tutti a chiedersi, ma cosa significa, ma dove sta, ma quando lo troverò, alla fine poi ti accorgi che non devi spiegare o cercare proprio un cazzo. Ecco magari sarò una poetessa maledetta, magari qui con una birra e due sigarette in bocca riesco finalmente a liberarmi di un grosso peso. Cazzo ti ridi, ho la faccia di un pagliaccio per caso? Piuttosto, andate a sbellicarvi di risate coi cuoricini perugina sui social network, la moglie troia che pubblica le foto col marito, magari il giorno dell’anniversario di nozze, e fa gli auguri a quel povero cornuto con la foto del vestito del grande giorno, sembra una meringa coi veli a pioggia su un campo di fieno, coi rotoloni che s’intristiscono a posare per un  album che finirà nel cestino delle meraviglie da raccontare agli ebeti del terzo millennio. Meno male che l’hai cornificato prima tu tanto al 25° anno lui lo farò con una più giovane di te, cretina… quella che sta al bancone a vendere le birre con le tette come i tetti sporgenti e pericolanti. Manco le zanzare c’hanno coraggio a succhiare il sangue nero degli invitati al banchetto che bestemmiano come turchi, sì come turchi perché si son dovuti comprare il vestito e hanno dovuto pure sborsare i soldi per il regalo che va a finire che manco lo scartano gli innamorati tanto fa schifo.


razza di scellerati
c’avete pure coraggio a scrivere contro la guerra e contro quelli del terzo mondo che sposano le bambine. Aspettate, arrivano i nostri che vi scopano pure le neonate. Tanto c’hanno i soldi e quelli mica li rifiutano, 'sti morti di fame, poi potete passarci pure col carro armato  e le mine antiuomo, c’hanno da pagare il fio quelli, cazzo glielo ha detto di nascere merda. Almeno gli organi saranno utili, o c’attaccano l’aids, vatti a informare per piacere, domani non si può sapere, dice che il diabete sarà la malattia dei ricchi, un rene ci potrà servire un giorno, fateli tacere, con l’anestesia dice che non si sente niente, poi se gli devo dare il mio cane per sfamarli ma venga pure, a che serve 'sto stronzo che mangia pane a tradimento, se no lo lascio in autostrada quest’estate devo andare a prendere il sole alle Maldive
razza di spudorati
aspetta m’è arrivata la mail di Esperanza dice che c’ho una seconda opportunità con la luna nuova,  ma vattela a pià in quer posto, tu e le congiunzioni astrali, con tutte queste belle parole sul futuro a scongiurare le negatività che ci dobbiamo fare il  minestrone? D’estate fa caldo troppo caldo e quanta monnezza devo vedere ancora, siete schiavi, tutti schiavi, pecore all’arrembaggio, fatevi impiantare il microchip dei puri di cuore, almeno vi assumono a scrivere i versi per perugina. Cuore del mio cuore, tesoro mio tesoro, c’è un tramonto che fa tremare, la vita è bella, l’amore è una cosa meravigliosa… sì, ma lo scoprirai solo quando ti ci sarai fottuto dentro con tutte le scarpe e avrai abbandonato tutte le belle parole che conosci perché guardandoti dentro avrai visto un abisso così grande da rimanere senza voce… silenzio, silenzio, non osate pronunciare sempre le stesse parole, amore, amore cavolo ne sapete voi... l’amore si conquista con la solitudine e il sacrificio, non pronunciate più quella parola finché un vento di tempesta non avrà spazzato via le maschere che indossate tutti i giorni per vedere una bellezza riflessa solo nei vostri specchi. Chiama pure il guru, chiama pure Buddha, invoca gli angeli, i santi e la Madonna, poi mi raccomando vai a pregare il cielo che ti scrosci una pioggia di soldi e di successo, e vendi pure l'anima al diavolo, tanto mica esiste, come non esiste Dio che insulti tutti i giorni predicando un amore che è il nulla. 

Vincenza Fava

domenica 1 maggio 2016

Trilussa - La ninna nanna de la guerra

Ninna nanna, nanna ninna,
er pupetto vò la zinna:
dormi, dormi, cocco bello,
sennò chiamo Farfarello
Farfarello e Gujermone
che se mette a pecorone,
Gujermone e Ceccopeppe
che se regge co le zeppe,
co le zeppe dun impero
mezzo giallo e mezzo nero.

Ninna nanna, pija sonno
ché se dormi nun vedrai
tante infamie e tanti guai
che succedeno ner monno
fra le spade e li fucili
de li popoli civili
Ninna nanna, tu nun senti
li sospiri e li lamenti
de la gente che se scanna
per un matto che commanna;

che se scanna e che s'ammazza
a vantaggio de la razza
o a vantaggio d'una fede
per un Dio che nun se vede,
ma che serve da riparo
ar Sovrano macellaro.
Ché quer covo dassassini
che c'insanguina la terra
sa benone che la guerra
è un gran giro de quatrini
che prepara le risorse
pe li ladri de le Borse.

Fa la ninna, cocco bello,
finché dura sto macello:
fa la ninna, ché domani
rivedremo li sovrani
che se scambieno la stima
boni amichi come prima.
So cuggini e fra parenti
nun se fanno comprimenti:
torneranno più cordiali
li rapporti personali.

E riuniti fra de loro
senza l'ombra d'un rimorso,
ce faranno un ber discorso
su la Pace e sul Lavoro
pe quer popolo cojone
risparmiato dar cannone!



Trilussa (1914)

sabato 23 aprile 2016

Peccatores mundi







«E mi dica, carissima fedele, quando è stata l’ultima volta che ha fatto l’amore con suo marito?» chiedeva sempre Don Serafino alla signora che lo sbirciava vergognosa dalla grata del confessionale. Quella domanda era ormai un rito, come il sorso di vino dal calice benedetto: tutte le donne sposate del piccolo paese di provincia sapevano a cosa andavano incontro quando decidevano di concedere gli angoli bui della propria coscienza a quel sacerdote austero, impeccabile nelle omelie, paterno nell’ascolto, ma ossessivo negli interrogativi. A certe domande alcune tacevano, recitavano frettolosamente un atto di dolore e poi fuggivano da quello spazio claustrofobico, buio e inquisitorio senza essere mondate dei propri peccati, altre rispondevano, confessavano semplicemente la verità e aspettavano la tanto desiderata assoluzione: «Ego te absolvo a peccatis tuis in nomine Patris, et Filii, et Spiritus Sancti. Amen». Dopo una giornata faticosa dedicata alla celebrazione della Messa e all’ascolto attento dei peccatores mundi , don Serafino se ne tornava soddisfatto a casa dove l’attendeva una cena squisita preparata da Mariuccia la sorella ormai anziana sulla settantina, di circa cinque anni più grande di lui. La loro convivenza andava avanti ormai da venti anni dopo che la donna, rimasta vedova e senza figli, aveva deciso di prendersi cura di quel fratello esemplare, grande saggio ai suoi occhi, dispensatore di verità indiscutibili alle sue orecchie. Ogni sera leggevano insieme un passo della Bibbia e Maria si faceva spiegare dettagliatamente il significato delle sacre parole pronta ad aderire con tutto il cuore alla missione della sua vita per avere un posto in paradiso, certa che, con la vicinanza di un fratello di quel calibro, avrebbe superato ogni difficoltà e tutte le prove demoniache dell’esistenza.


Vincenza Fava dal racconto Peccatores mundi


domenica 13 marzo 2016

E se son rose fioriranno



Si sono fidanzati nel giro di cinque minuti: lei, la biondina un po’ naif e chiacchierona che sul bus conosce tutti, lui, dimesso e imbarazzato, un po’ disadattato e credulone. Due anime solitarie, con i propri tic e le nevrosi ereditate da un’infanzia forse vissuta difficilmente o da un dna giocherellone che non conosce regole. Si sono accostati così, carnalmente, coi gesti e i baci tipici di un colpo di fulmine, tanto che tutti sul bus hanno cominciato a gridare: “Bacio, bacio, bacio!” come nei migliori tradizionali matrimoni borghesi. Solo che qui la borghesia non c’entra niente, un po’ perché forse nemmeno esiste più e un po’ perché, nel caso specifico, siamo nell’ambito dell’innocente diversità e, se vogliamo dirla tutta, i mercanti arricchiti del terzo millennio non conoscono affatto il candore di due solitudini umane che si comportano come calamite… un più e un meno, un sorriso e una linguaccia, un bacio e uno scappellotto, un “tirati su che siamo alla fermata”, un “tirati giù che qui c’è una curva e puoi cadere”. Prendono e lasciano, s’insultano e si lodano. Nel giro di pochi minuti la fretta di consumare tutto un rapporto umano, di arrivare velocemente al dunque delle intese e dei conflitti, senza pudore, senza freni inibitori: come due bambini che non sanno niente l’uno dell’altro, ma si capiscono al volo e cercano di sapere immediatamente se si trovano o meno sulla stessa lunghezza d’onda. Insomma, quel che succede in una coppia nel giro di un anno, lì è avvenuto in pochi minuti, giusto il tempo di partire da un paese per arrivare a destinazione in trenta minuti. Come dire, noi ci salviamo, vogliamo sapere subito se andiamo a sbattere la testa o voleremo in  alto tra le nuvole. Ma se sbattiamo il capo, non vogliamo cure o medicine, la risolviamo immediatamente la questione, un bacio e uno scappellotto, vediamo… quale gesto dura di più? La risolviamo subito la questione, ci fidanziamo perché ci va, ci lasciamo perché insieme non si può stare. Giochiamo dai, la vita è breve e la leggerezza è un toccasana perché tanto poi ritorniamo a casa, alla nostra solitudine, quella di sempre, quella che sembra eterna ma… almeno ogni tanto incontra due parentesi, una che si apre e una che si chiude. Un inizio e una fine; ci spaventa quel che non può concludersi, ha il sapore eterno della solitudine. E se son rose fioriranno.  

Vincenza Fava