Binari storti

Binari storti
Binari storti (LietoColle, 2015)

domenica 28 febbraio 2016

Io la figa me la sudo, io



Lo stereo sintonizzato su Radio Capital, canzoni d’amore. Sono in macchina e piove, faccio zapping col volante per non schiacciare i rospi sulla provinciale. Chissà cosa gli viene in mente a questi poveri kamikaze: vogliono andare dall’altra parte della strada, quando piove. Parecchi, forse troppi ormai, sono a pancia in su. Magari cercavano un modo veloce per guardare le stelle. Ma le piccole luci, i fari della notte sono nascosti. I nuvoloni neri sono fin troppo incazzati stasera, incazzati neri e fanno i dispetti, anche ai rospi, negandogli l’ultimo sguardo al cielo. Certo che quando il maltempo ci si mette, non guarda in faccia a nessuno. Come quello lì che quando mi scrutò l’ultima volta negli occhi ebbe la sfrontatezza di dire: “Io la figa me la sudo, io” con quel sorriso ebete, di un bambinone innocente ma col peccato d’Adamo stampato vistosamente in fronte. E io in fronte gli ci appiccicherei un bell’adesivo, anzi no, uno striscione, come quelli che vedi volare d’estate sul mare: “Io sono un coglione, io”. Forse il bambinone smetterebbe di fare il coglione e un po’ di palle robuste gli spunterebbero fuori o forse se l’è mangiate da piccolo? Bel dubbio. Ma ci sono arrivata: buona la seconda.  E certo che ci vuole un bel coraggio da rospi a intavolare certi discorsi: chissà forse pure lui voleva andare dall’altra parte della strada o per meglio dire “tradire” in modo leggero, col sorriso in bocca come quando rubi le caramelle della nonna, da piccolo, da nanerottolo, da uomo di strada, da prostituto. “Ci vuole poco sapete? Basta sentirsi bambini intoccabili col soldo in tasca e l’aplomb di chi se la cava sempre, saltando da una figa all’altra, come quando giocavi a campana, da piccolo. Salti l’ostacolo, no?”. Ma quello lì… quello lì, date retta a me, voleva veder le stelle come il sommo poeta, rimirarle, toccarle e magari inzupparci un po’ il biscotto: “C’hanno un rossetto rosso stasera! Con quella bocca a cuore… mmm… che movimento animalesco al fondo pancia!”. Ma si era sbagliato ancora una volta. Doveva semplicemente andare in bagno con la colite spastica che premeva da due giorni.

In fondo, basta così, m’arrendo: cosa gli vuoi dire a chi si suda la figa, mica puoi fargli capire cosa significa sudarsi l’amore… e nemmeno che le stelle non c’hanno il rossetto  e non puoi inzupparci il biscotto perché… perché nella luce ci si bagna solo chi la vede.  

Vincenza Fava

4 commenti:

  1. i poeti e gli scrittori sono dotati di una tale dose di improntitudine che pretendono di far credere a chi li ascolta o legge che stanno parlando o scrivendo d'altro anche quando parlano o scrivono (in maniera evidente) di se stessi e della loro vita. ;-)

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    1. bella la sfrontatezza, che si fugge tuttavia, chi vuol esser lieto sia, di doman non c'è certezza... ;-)

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  2. Oserei quasi Bukowskiana, forse anche meglio visto che c'è un lato femminile forte e deciso che lui non aveva...

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  3. sì, forse hai ragione Fabrizio, bukowskiana...

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