"Sappiate avere torto, il mondo è pieno di gente che ha ragione. È per questo che marcisce".
(L.F. Céline)
Stamani la strada era bianca, densa, emulsionata a candide gocce edulcorate dal grigio di quella cenere che stancamente si posa sul viaggio del ritorno, quando ti attende un pasto caldo tra le mormoranti voci di un presente assente. Stamani la strada era nuova, abbracciata dal freddo, dipinta dagli ombrelli colorati dei ragazzi che non erano andati a scuola, pervasi da una speranza nuova aggrappata al sodalizio dell'età. E quegli occhi ancora parlano di speranze come i gesti istintivi che simulano i sorrisi del corpo, quando tutto risuona, anche l'eco del domani. My Little Italy I love you, my Little Italy don't forget me e ... come già si sa, il ricordo trasforma i volti e le sembianze perché tu, quella speranza non la doni, la esigi senza restituzione, senza contraccambiare il bacio vellutato della poesia. Ancora ci attende un pasto caldo, lenzuola profumate di fresco e notti da bere, ed io, ancora esisto di fronte allo specchio, ogni mattina e forse dovrei ringraziare il Signore degli anelli, dagli Elfi del mondo incantato al buon Frodo che rincorre un rudere d'oro, che mi fanno ingurgitare pozioni giornaliere di fantasia. O forse dovrei ringraziare le dosi di una pubblicità perbenista e borghese che m'allieta di canti natalizi la memoria di un Natale condiviso tra panettoni e torroni, tovaglie e lustrini, alberi e presepi senza il filo dell'amore, l'unico collante che potrebbe risanare le scuciture improvvise di una crisi che coinvolge anima e corpo, pensiero e parola.
Ed io che sono donna non mi racconto come donna, raccontare di donne non è facile, parlare dell’essere donna
oggi ancora più difficile. Stalker e mobbing, ricatti e
vendite di nude proprietà continuano a imperversare nel tessuto imprenditoriale
di stampo familiare che è divenuto il ghetto di un falso progressismo,
metamorfosi involuta di una borghesia senza più mezze misure in cui il Padrone
di turno regge pur sempre le fila delle sue splendide marionette. Non è più
l’epoca della rivendicazione dei diritti dell’operaio sfruttato per 12 ore di
seguito e sottopagato, è l’epoca della rivendicazione dei diritti universali,
del diritto allo studio e al lavoro, ad una casa ormai inaccessibile alla
maggior parte della popolazione se non vendendo il tempo di una vita alle
banche padrone di un debito eterno inestinguibile, ad un tasso di estrema
dis-umanizzazione. Siamo tutti prede del
sistema, siamo pesci in bocca ai pescecani, ovunque andiamo abbocchiamo all’amo
per non annegare e sperare di rivedere la superficie infarciti di serate in
discoteca, pizze e arancini, happy-hour matematicamente proporzionati ad un
etto di felicità, concerti esplosivi e cine-panettoni senza stelle di Natale.
Tuttavia, la morte che si prospetta è molto più lenta ed agonizzante perché
riguarda lo spirito di una libertà offesa e mutilata: l’amo trascina e non si
ferma, non ti permette più di nuotare, di qui il passo
è breve per arrivare ad una falsa cultura che fa da specchio alla menzogna
dell’anima. I compromessi sono molti, troppi e affaticano lo spirito,
indeboliscono la volontà e annullano il giusto divario che dovrebbe esistere
tra il Bene e il Male, tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato mentre si
persegue ormai l’ottica dell’egoismo e dell’arrivismo senza limiti, come dire
“Oggi tocca a me, io sto bene, ho un lavoro, una bella casa e una bella
famiglia, chi me lo fa fare a protestare, denunciare, a smascherare, a oppormi … tanto non
serve a nulla, devo preservarmi e preservare i miei affetti”. Ebbene questa
bella frase viene pronunciata ogni giorno da milioni di Italiani, My Little Italy, dal
poliziotto che massacra un ragazzino, dal dentista che spera ogni giorno in
carie sempre più marcate, dal critico letterario che osanna il vincitore del
concorso di turno, dal medico che cura un’eventuale psiche offesa e ricambia
con la prescrizione di farmaci-droga. E così, s’ingurgitano pillole perché la
depressione è ormai incurabile non sapendo che s’ingurgitano confetti di impotenza
e rassegnazione. La grande epoca della depressione, della mancanza di volontà
opposta alla frenesia dell’avere e dell’apparire. Comunque un binario ormai
distorto, in ambedue i casi manca il paletto fermo del termine Umano, donna o
uomo che sia. E qui cade anche l’Uomo, cade nella sua incapacità di
confrontarsi a 360°, cade perché non conosce il divenire e si adegua fermandosi
alla femminilizzazione estetica della Forma. Così i ruoli si confondono e tutto
scivola paradossalmente nel magma dell’a-morfismo, senza più tracce di una
autentica realizzazione interiore. Per di più ci si getta “anima” e corpo alla
ricerca della vera essenza, adottando nuove religioni e pratiche orientali di
stampo new-age per rilassare la mente e scovare quel Terzo occhio indisciplinato
che non se la sente di uscire allo scoperto perché finirebbe senza se e senza
ma nel calderone del Nulla, nella fusione indistinta dell’impotenza
architettonica dell’agire. Il termine “umano” è poi così demodé?
Stamani la strada era bianca, non vuota, My Little Italy, e posso ancora dirti I'm feeling good ...
Vincenza Fava