Binari storti

Binari storti
Binari storti (LietoColle, 2015)

mercoledì 5 dicembre 2012

My Little Italy


"Sappiate avere torto, il mondo è pieno di gente che ha ragione. È per questo che marcisce". 

(L.F. Céline)


Stamani la strada era bianca, densa, emulsionata a candide gocce edulcorate dal grigio di quella cenere che stancamente si posa sul viaggio del ritorno, quando ti attende un pasto caldo tra le mormoranti voci di un presente assente. Stamani la strada era nuova, abbracciata dal freddo, dipinta dagli ombrelli colorati dei ragazzi che non erano andati a scuola, pervasi da una speranza nuova aggrappata al sodalizio dell'età. E quegli occhi ancora parlano di speranze come i gesti istintivi che simulano i sorrisi del corpo, quando tutto risuona, anche l'eco del domani. My Little Italy I love you, my Little Italy don't forget me e ... come già si sa, il ricordo trasforma i volti e le sembianze perché tu, quella speranza non la doni, la esigi senza restituzione, senza contraccambiare il bacio vellutato della poesia. Ancora ci attende un pasto caldo, lenzuola profumate di fresco e notti da bere, ed io, ancora esisto di fronte allo specchio, ogni mattina e forse dovrei ringraziare il Signore degli anelli, dagli Elfi del mondo incantato al buon Frodo che rincorre un rudere d'oro, che mi fanno ingurgitare pozioni giornaliere di fantasia. O forse dovrei ringraziare le dosi di una pubblicità perbenista e borghese che m'allieta di canti natalizi la memoria di un Natale condiviso tra panettoni e torroni, tovaglie e lustrini, alberi e presepi senza il filo dell'amore, l'unico collante che potrebbe risanare le scuciture improvvise di una crisi che coinvolge anima e corpo, pensiero e parola.

Ed io che sono donna non mi racconto come donna, raccontare di donne non è facile, parlare dell’essere donna oggi ancora più difficile. Stalker e mobbing,  ricatti e vendite di nude proprietà continuano a imperversare nel tessuto imprenditoriale di stampo familiare che è divenuto il ghetto di un falso progressismo, metamorfosi involuta di una borghesia senza più mezze misure in cui il Padrone di turno regge pur sempre le fila delle sue splendide marionette. Non è più l’epoca della rivendicazione dei diritti dell’operaio sfruttato per 12 ore di seguito e sottopagato, è l’epoca della rivendicazione dei diritti universali, del diritto allo studio e al lavoro, ad una casa ormai inaccessibile alla maggior parte della popolazione se non vendendo il tempo di una vita alle banche padrone di un debito eterno inestinguibile, ad un tasso di estrema dis-umanizzazione.  Siamo tutti prede del sistema, siamo pesci in bocca ai pescecani, ovunque andiamo abbocchiamo all’amo per non annegare e sperare di rivedere la superficie infarciti di serate in discoteca, pizze e arancini, happy-hour matematicamente proporzionati ad un etto di felicità, concerti esplosivi e cine-panettoni senza stelle di Natale. Tuttavia, la morte che si prospetta è molto più lenta ed agonizzante perché riguarda lo spirito di una libertà offesa e mutilata: l’amo trascina e non si ferma, non ti permette più di nuotare, di qui il passo è breve per arrivare ad una falsa cultura che fa da specchio alla menzogna dell’anima. I compromessi sono molti, troppi e affaticano lo spirito, indeboliscono la volontà e annullano il giusto divario che dovrebbe esistere tra il Bene e il Male, tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato mentre si persegue ormai l’ottica dell’egoismo e dell’arrivismo senza limiti, come dire “Oggi tocca a me, io sto bene, ho un lavoro, una bella casa e una bella famiglia, chi me lo fa fare a protestare, denunciare, a smascherare, a oppormi … tanto non serve a nulla, devo preservarmi e preservare i miei affetti”. Ebbene questa bella frase viene pronunciata ogni giorno da milioni di Italiani, My Little Italy, dal poliziotto che massacra un ragazzino, dal dentista che spera ogni giorno in carie sempre più marcate, dal critico letterario che osanna il vincitore del concorso di turno, dal medico che cura un’eventuale psiche offesa e ricambia con la prescrizione di farmaci-droga. E così, s’ingurgitano pillole perché la depressione è ormai incurabile non sapendo che s’ingurgitano confetti di impotenza e rassegnazione. La grande epoca della depressione, della mancanza di volontà opposta alla frenesia dell’avere e dell’apparire. Comunque un binario ormai distorto, in ambedue i casi manca il paletto fermo del termine Umano, donna o uomo che sia. E qui cade anche l’Uomo, cade nella sua incapacità di confrontarsi a 360°, cade perché non conosce il divenire e si adegua fermandosi alla femminilizzazione estetica della Forma. Così i ruoli si confondono e tutto scivola paradossalmente nel magma dell’a-morfismo, senza più tracce di una autentica realizzazione interiore. Per di più ci si getta “anima” e corpo alla ricerca della vera essenza, adottando nuove religioni e pratiche orientali di stampo new-age per rilassare la mente e scovare quel Terzo occhio indisciplinato che non se la sente di uscire allo scoperto perché finirebbe senza se e senza ma nel calderone del Nulla, nella fusione indistinta dell’impotenza architettonica dell’agire. Il termine “umano” è poi così demodé?

Stamani la strada era bianca, non vuota, My Little Italy, e posso ancora dirti I'm feeling good ...

Vincenza Fava


mercoledì 14 novembre 2012

Il sangue ancora pesa


Pensami madre,
spendo ore senza denaro
e il mio denaro non ha profumo.
Pensami madre,
ho acquistato un biglietto per l’avvenire
ma il treno è senza binario:
è attesa senza rimborso spese.


Pensami madre,
forse il sangue ancora pesa
come l'oro senza resa.



Non credo e non spero
lo giuro,
ma ridatemi il mio futuro.
Vedi madre,
l'orgoglio dei padri
tra due fuochi risuona:
l'essere per il domani
e il senza domani morire. 

 Pensami madre,
forse il sangue ancora pesa
come l'oro senza resa.

Ma l’odore umano
è più forte di quel che resta,
di quel che il verme trova
nell’ombra che s’estingue
senza aurora.

 Pensami madre,
forse il sangue ancora pesa
come l'oro senza resa.
Vincenza Fava


mercoledì 31 ottobre 2012

Apologia del cane



Sono cinica perché mi difendo dal pregiudizio e dalla noncuranza all'elezione asimmetrica del sentimento, sono il "cane" da Diogene ereditato, vago sciolta con la lanterna in mano, a cercare la piccola luce fioca di un sentire perso nelle chiacchiere di un provincialismo falsamente asessuato. Tuttavia, mi giro intorno e il sesso è ovunque, nelle pseudo-famiglie vendute al formalismo, nelle voci virtuali di chi la libertà se la prende solo dietro una maschera di pixel, nelle facce inorridite di chi crede di guardare in alto, ma osserva solo il dito e non vede la luna. Sono il cane che fedelmente scodinzola a sé stesso perché ha imparato a riconoscere il padrone e in quella voce sa di trovare un piatto caldo per l'anima ... fuori le magagne, fuori le stronzate, fuori chi scopa e vede soltanto gli altri scopare. No, non auto-censuratevi, non vi conviene, perché gli occhi la dicon più delle parole. E l'esperienza insegna in questo Belpaese che maltratta le speranze e la lucidità onnivora di chi ama sognare. Fuori il bigottismo e l'ottusa reminiscenza di una borghesia fascista. Fuori il comunismo, solo Gesù Cristo ne era degno portavoce. Fuori le oche dal Campidoglio, non serve gridare, il lupo già vi ha fatto prede sconsiderate. Non chiedetemi di amare, qui non esiste l'amore se chi ha fatto giuramento a Ippocrate continua a prescrivere medicine letali, se chi cerca il prossimo per l'egoismo del momento sputa in faccia alla compassione, se chi cerca la sottomissione per un fottuto stipendio vende l'anima al tradimento del fratello. No, non chiedetemi di amare questo mondo, sono il cane che ama sé stesso e il mio latrato morderà solo le parole, quelle stupide parole che saranno pane per vivere il mio domani. Professo l'elegante accorgimento dell'indifferenza, il dadaismo del futuro e balbetto sintagmi slegati da logiche opportuniste ed evito di chinarmi, c'è sempre qualcuno che amando il tuo fondoschiena, non esiterebbe a violentare l'ultima essenza delle tue nascoste oscurità.

Vincenza Fava

domenica 21 ottobre 2012

A mio padre

Ti ho atteso
nella penombra della sera
quando
davanti ad una tenda
disegnavo con le mani
fanciullesche visioni di embrioni
e fantasie popolate da infiniti numeri
di terre senza polvere.
Ti ho atteso
a malapena sorridendo
con i fiori in mano,
di aridi estati
sorseggiando
libri e poesie
che di affetto lontano
mi restituivano l'amaro
chiodo in bocca senza braccia
né protezione.

Dentro una tisana
e caramelle alla menta
dalle mani di una nonna bambina
scorgevo celesti lineamenti
e carezze alla camomilla
per disegnare vestiti d'affetto
alla luce di un camino
che della neve temeva
nella solitudine il biancore.
Avrei voluto l'attesa morire
nell'abbraccio,
avrei voluto raccontare le tue parole,
avrei voluto le tue parole
sempre chiuse nell'attesa
di un silenzio mai destato.

Vincenza Fava



martedì 9 ottobre 2012

Nel sottosuolo dell'inverno

Resto sola nella voce della notte, mi nutrono carezze di musiche. Ogni nota è fiore della tua bocca,
è un cuscino di addormentati sapori. Saprò concedere letizia alle ore del futuro, quando suonerà una danza da cantare con suono perfetto laddove perfezione è morte e rinascita all'altrove? Saprò contare sulle dita del giorno le parole addolcite dallo sguardo, quando la luna cadrà nel pozzo dei desideri e bacerà le tue sospirate mani nell'autunno del tempo? E' la fretta del percorso che annulla il traguardo, è la pazienza del tempo che fortifica l'emozione di ritrovarci insieme nella sosta del vento, tra una discesa ed una salita a sferzare colpi alla sorte di chi ha solo un cuore per parlare ed una voce per sognare. Vieni vicino ...  qui in questo mondo siamo tutti minuscole stelle ferite dagli astri senza memoria perché non perderemo mai il rosso della passione che riflette la luce di un sole che non brucia, ma riscalda le anime di chi spende la vita nel coraggio di andare avanti senza ferire inutilmente il domani, apprezzando il tenue dondolio del presente che oscilla tra luci ed ombre, nel sottosuolo dell'inverno.

Vincenza Fava
Foto di Stanley Kubrick

giovedì 20 settembre 2012

Sarajevo, mon amour

Sono passati venti anni dalla guerra dei Balcani, vent'anni fa iniziava il massacro della città di Sarajevo...
Così penso ad una bambina stesa sul letto dopo una notte di terrore e dal profondo della sua innocenza e della sua immaginazione sgorga l'inno della pace.

V.F

Sarajevo, mon amour


Stamani mi sono svegliata sui raggi della nuova alba, ho fatto un incubo di mille spari che accerchiavano il dormiveglia della notte stellata, ancorata a quei fremiti che scontrosi rigurgitavano il boato del nulla, un nulla coatto, imprendibile, senza arcobaleni, dopo un temporale di un'estate abrasiva che lentamente scivola e mangia le gialle foglie di alberi spauriti. Di fronte al mio letto sgualcito, una finestra aperta sul silenzio. La mattina non fa commenti, ha il sale sulla lingua e spreme vagiti di lamenti lontani. Disegno con le dita un aquilone e lo faccio volare sulla città morta, un cadavere senza volto che ombreggia i campanili senza tintinnio di angeli imbavagliati che non hanno il coraggio, la sfrenata frenesia di una pace senza perdono. L'aria è asettica e punge i polmoni. Quattro giostre di bambini in fasce spalancano le fauci sui seni indolenziti di madri addormentate nella culla dell'abbandono... indolente tremolio di gambe rannicchiate sugli amorfi selciati delle ferite, guaine di sudore pietrificato, quando il sangue si raggruma e tinge il bianco di una bandiera strappata dal vento. Giocano alla guerra, giocano col dolore, con le tazzine americane di una colazione servita su piatti di estemporanee mitragliatrici, godendo di grida stracciate dall'inferno della rabbia in un crescendo bestiale di pantomime analfabete. Ho paura, ho paura del giorno che zampilla cecchini, ho paura della notte che rimbomba in fuochi d'artificio assassini. Resto qui, a guardare il soffitto e a immaginare il sole sulla città fiorita che corteggia l'anima assetata di mille colori. Resto qui e penso a mia madre curva sul mio vestito nuovo ad attaccare bottoni di felicità. Resto qui, sogno un altro mondo e con gli occhi del paradiso costruisco altalene girovaghe di luce per dipingere mani strette nel girotondo della pace.

 Vincenza Fava  






martedì 24 luglio 2012

S-composizione


La mattina mi s-compone,
ha due occhi di vetro,
ferite di aspro limone
da in-zuccherare
con un semplice nodo al collo
di augurata fam-elica fortuna. 


Restano i passi del sole
nel buon-giorno delle ore
per gu-stare la in-tenera tenerezza
di un letto dis-fatto.




E un morbido sgangherato pasto
senza fasto
senza coltelli rac-colti sulla nuca
o in-utili spargimenti
di verbi e a-sillabe
versate
nel caffè del ri-sveglio. 




Vincenza Fava

giovedì 5 luglio 2012

Tramonto

Raggi in dormiveglia
morivano tra le nostre braccia.
Di sussurri e morbide parole
intenerite iridi
giocavano sul respiro.
Avevo un pigro pensiero
ché i gesti sopperivano
all'immacolata celebrazione
del sentiero.
Avevo diecimila rughe
di sorrisi
sulle palpebre,
schiuse e dischiuse
sul tuo petto
ancorato ai battiti
del mio cuore.

Vincenza Fava




lunedì 2 luglio 2012

Mi basta

Mi basta un tavolo
per sonnecchiare sui tasti
e forzare le serrature della mente.
Mi basta una finestra
per scoprire i suoni della sera
dentro carmiche processioni di metallo.
Mi basta un letto
per coprire l'orologio
e fotografare attrazioni istantanee
del mnemonico lusso agguantato.
Mi basta un bicchiere di vino
per sorseggiare l'estate
in valigie di sonnambuli ghiaccioli .
Mi basta un tuo sorriso
e lo plasmo con le mani
per ritrovarlo amalgamato
all'argilla del cuore.

Vincenza Fava




giovedì 21 giugno 2012

La palma

La palma ricordo,
di gialle foglie appassite
come verdi vermi nel tè d'oriente.
L'ascia rimbomba
nei padiglioni della sera,
scrutando la madida terra
ormai sì vicina.
Non piangere
elmo di Libia,
il deserto riaccoglierà
le tue radici
nell'eremo della domenica
prima del sacro sacrificio.
Perdona il destino
che di mano umana
violenta il fiorire
e saprai che un dì lontano
il seme rigetterà il frutto
della compiaciuta amarezza.
In singolar canto
corre la linfa ...
così d'infinito
si nutre il verde
quando il cielo
le tue braccia accoglie ...

Vincenza Fava






mercoledì 20 giugno 2012

Di questa vita

Io di questa vita l'imperfetto sostengo,
la stremata sintonia dell'effimero abbaglio rinnego.
Io di questa vita l'abbandono conosco,
la struggente mano che l'indicativo sorregge.
Io di questa vita nulla abbraccio
se non l'inquietudine dell'inchiostro.
E agguantare questa vita,
spremerla nel succo
per ingoiare folli melodie
che del senno rifuggono l'amplesso,
e cantare desolate lande
sul cuscino delle stelle
ricucendo onerosi strappi
senza fili di cotone ...
Stamani sorseggio note di rondini,
gravitanti l'udito del mio eden
che mangia il cielo
per restituire carezze.

Vincenza Fava


domenica 17 giugno 2012

Grazie

Grazie al mio cane che scodinzolando m'invita a sorridere, grazie alla placida notte che stasera m'assomiglia, nascondendo stelle d'ambrosia nel cuscino, grazie al giorno appena andato che mi ha regalato la riflessione e l'indugio sul sentimento del tempo. Grazie a questa finestra da cui entrano note fresche d'armonia e di canto angelico, grazie al lavavetri che ringrazia umilmente per 50 miseri centesimi chinando il capo alle quattro ruote, con la giornaliera speranza di un panino farcito di fame arretrata. Grazie alla bandiera tricolore che ancora sventola al vento di un 2012 rinnegato da false promesse e impegni mancati dove i buchi neri risucchiano la linfa del nostro eterno sangue fraterno inzuppato di razzismi ed eleganti, ma quanto mai mascherati classismi di genere. Grazie a chi sputa sulla poesia perché saprò lavare le parole e renderle più pulite ai miei occhi, grazie a chi sogna ancora il domani aggredendo il presente, a chi ha le tasche rotte dei pantaloni perché le ricucirà con il filo della pazienza, a chi ama danzare il tango della passione comprando scarpe nere sulle bancarelle dell'usato a soli 5 euro, a chi prega per non morire assediato dai tubi di arsenico purificato, a chi pensa di essere Dio e non sa che l'albero maestro della nave che sta guidando non sarà sempre verticale. Grazie alle confessioni dell'amicizia ritrovata e spremuta tra le braccia del sorriso, a chi non riesce a vincere, ma gioca lo stesso la partita sotto gli occhi di un arbitro venduto.
Grazie a questa meravigliosa notte perché ci insegni lo stupore dei sogni colorati dall'argento vivo della luna.

Vincenza Fava


giovedì 14 giugno 2012

Me&mysoul ....

Io e i miei capelli asciutti, stiamo insieme, desideriamo una notte serena stretti al bianco cuscino, morbido rifugio profumato per i sogni. Io e i miei occhi umidi, stiamo insieme, vogliamo vedere un mondo diverso, senza squallide meschinità, offrendo l'alba al tramonto. Io e le mie mani, stiamo insieme, vogliamo abbracciare il mondo per sentirne il respiro dondolando di nascosto sulla falce della luna. Così, io e la mia anima stiamo insieme, abbiamo deciso di viaggiare fino alla fine dei tempi per asciugare il pianto e sospendere la tristezza, stringendo piume di sole senza tenebre. Non mi dirà addio adesso: ha stretto un patto con la mia debole carne per renderla forte ed affrontare le intemperie del vento contrario. Ha stretto un patto con il mistero perché io non possa mai sapere quando avverrà l'addio definitivo, quando sarà in lutto per me, quando seppellirà le mie ossa per restituirmi cenere alla Terra. Così, io e la mia anima stiamo insieme, adesso ... abbiamo deciso di tenere duro per correre sullo stesso binario e domani ci berremo sopra ... un bel brindisi alla Vita ... abbiamo deciso di dire addio, al lutto, al nero invadente del vuoto sottolineando le enfasi della gioia perché quando si ride, è bene ridere pienamente senza restrizioni sonore. Il sorriso lo lasciamo agli avidi di cuore, noi ci teniamo la pienezza e la grandezza dell'amore ... ;-)


Fratello dei cani

http://pasolinipuntonet.blogspot.it/2012/06/fratello-dei-cani-un-poetico-corpo.html

mercoledì 13 giugno 2012

Sonno-tempo

Sonno

Leggerezzaperfarmipesantecoicorpi
                                                          affollatestoffediterrasenzanome.


Sonoubriacadimoltitudini ...
                                           bevouncaffèsonnolento.


Eingurgitotorpore.

Emangiodosiditenerezza.
  

Cioccolata
                        unpugnodiendorfine

                                                                                                  perripristinareequilibrineuronali


inspazielettricamentequantizzati


 Tempo 

bussolaneramagnetismiinquietanti
   

                                                                                            dinuvolenereriempioilbianco


dell'orologioconsumolancette

                                                                                                                               aperditad'occhiol'inverosimiletrasparenzadelleore


econtandolafinecircumnavigoilprincipio ....


Spazio


                                                     uccidoscatolenerepersopravvivere


Asciugando lacrime, non moriremo mai ...


Vincenza Fava







                                                 









lunedì 11 giugno 2012

Scenari apocalittici ...

Trapani: il Cie della vergogna, violenza tra i cancelli colorati

Il Centro di accoglienza di Milo alla periferia del capoluogo siciliano ospita oltre 200 persone in attesa di identificazione. Non hanno compiuto reati ma dovranno star dentro fino a 18 mesi in condizioni disumane anche se la struttura è recentissima. Scontri, tentativi di fuga, botte e uso degli idranti nelle immagini esclusive girate dagli stessi ospiti con i telefonini

(La Repubblica, di RAFFAELLA COSENTINO e ALESSIO GENOVES, 11/06/2012)

Partendo dall'inchiesta di Repubblica uscita stamani ... una riflessione tra letteratura, cinema, fantascienza e profezia poetica ...
V.F

Tra i numerosi best-sellers della scrittrice inglese P. D. James “I figli degli uomini” (Mondadori, pagg. 316, € 8,40) si allontana in un certo senso dal genere detective-story tanto amato dall’autrice per avvicinarsi ai romanzi di fantascienza (tra i suoi romanzi gialli più amati: “Brividi di morte per l’ispettore Dalgliesh”, “Una certa giustizia”, “La stanza dei delitti”, “Un indizio per Cordelia Gray” e “Sangue innocente”). Nel 2006 ne è stato tratto un emozionante film per la regia del messicano Alfonso Cuarón. Si tratta di un adattamento in quanto molte sono le differenze tra l’effettivo svolgimento narrativo del romanzo e quello del film. Gli sceneggiatori quindi si sono ispirati al romanzo ed hanno apportato numerose modifiche alla storia così com’è stata costruita da P. D. James. Certamente uno sceneggiatore deve avere il dono della sintesi e dell’adattamento cinematografico, e in questo caso c’è da dire che è perfettamente riuscito, ma il romanzo ha il dono dei particolari, delle parole fluide, dense e del trasporto immaginativo.
Siamo nell’Inghilterra del 2021 (nel film ci spostiamo più avanti di alcuni anni ossia nel 2027): Theo Faron uno storico cinquantenne di Oxford inizia a scrivere un diario. Subito il lettore viene messo di fronte ad una realtà dura, morente, non a caso la prima parte del romanzo s’intitola Omega, l’ultima lettera dell’alfabeto greco e simbolo della fine. Omega sta ad indicare l’ultimo anno di procreazione dell’intera umanità; dopo il 1995 nessuno riuscirà più a mettere al mondo un figlio. Un mondo sterile, condannato all’estinzione. P. D. James riesce a tratteggiare con abile maestria ed ingegnosità narrativa uno scenario catastrofico, apocalittico. La terra sta esaurendo le sue scorte energetiche, non c’è più futuro, non ci sarà un domani sicuro e certo per l’intero pianeta. E Theo Faron il protagonista, cugino di Xan il dispotico governatore d’Inghilterra, riassume il sentimento della perdita e dell’abbandono che l’essere umano prova nel caso in cui la speranza e l’ottimismo non hanno più posto nel mondo: l’apatia, la stanchezza, la depressione, la mancanza di stimoli, l’annullamento della volontà e del desiderio, i sensi di colpa, l’estinzione lenta dell’emozione di vivere. E la cosa che sconvolge di questo romanzo è la sensazione trasmessa che tutto questo potrebbe accadere veramente in un non lontano futuro: i vecchi, peso insostenibile per una società che sta esaurendo le materie prime, sono invitati generosamente a morire con la cerimonia del suicidio collettivo denominata Trapasso, gli immigrati vivono in una sorta di schiavitù e di povertà inimmaginabile, i detenuti vengono allontanati e trasportati su un’isola in cui le condizioni di vita ci ricordano i lager nazisti. E Theo Faron vive una non vita, nel sentimento aberrante di un’impotenza che logora il seppur minimo tentativo di poter esistere a tutti gli effetti. E il confronto con le nostre società attuali è inevitabile: perché agire se tanto poi non cambia nulla? La scrittrice inglese, nota per i suoi romanzi polizieschi, riesce a far riflettere il lettore, lo induce a scrutare dentro di sé, confrontandosi ed immedesimandosi con il protagonista, lo spinge ad osservare l’effettiva realtà circostante in cui è immerso. Tutto sembra perduto, quando, ad un certo punto, avviene il miracolo: Theo Faron si risveglia nel momento in cui incontra un gruppo di ribelli che sfidano il potere del dittatore con la speranza di poter cambiare qualcosa. Sarà in particolare una donna, Julian, a donargli di nuovo la forza di vivere e il coraggio di agire. A sua insaputa Theo sarà chiamato a svolgere una missione salvifica per tutta l’umanità e con questa ha inizio la seconda parte del romanzo intitolata Alfa simbolo dell’inizio e della nascita: Julian è incinta, porta in grembo il futuro dell’essere umano e della sua vita sulla terra. Dalla morte alla vita, dal sentimento apocalittico alla rinascita fisica e spirituale. Dopo una serie di avventure e di incessanti eventi imprevisti, Theo riuscirà nella sua missione cioè salvare Julian ed infine il suo bambino, simbolo di speranza e di amore in un mondo alla deriva.
Oltre al confronto con la realtà in cui viviamo, il romanzo ci dona anche una consapevolezza quasi religiosa e mistica dell’esistenza umana. Il percorso e il sentimento di Thanatos, la morte, fardello (o dono, chi lo sa) incancellabile e perenne, è un mezzo attraverso il quale l’uomo potrebbe faticosamente e coraggiosamente percepire la grandezza e la straordinarietà della vita.

Vincenza Fava

giovedì 7 giugno 2012

Ideali

La libertà che significa unicamente indipendenza è priva di qualsiasi significato. La perfetta libertà consiste nell'armonia che noi realizziamo non per mezzo di quanto conosciamo, ma di ciò che siamo.
          Rabindranath Tagore

Ore, giorni, mesi ed anni per arrivare ad una semplice ed ovvia conclusione: è vero, siamo fango  da modellare, ma dovrebbero essere le nostre stesse mani a sagomare l'esistenza oltre il conosciuto, il visibile e l'invisibile. Oltre la madre, il padre, il figlio e l'amato, oltre le parole che a volte odorano di incrostazioni mentali, logiche senza sangue e dense di significati insignificanti alla vita. Il rispetto per l'altro è sacrificio anche del sé, dell'io e del super-io. Il rispetto per sé stessi è libertà di pensiero e di azione, di un vibrante movimento musicale interiore anche quando la danza è ferma in un punto ignoto. Per poter accedere all'armonia del doppio c'è bisogno di un'armonia solitaria, di un equilibrio che non pesa sulla bilancia del futuro, ma su quella del presente. Per poter sognare il domani bisogna saper sognare oggi calibrando il dare e il ricevere, il bene e il male, la comprensione e la fiducia. Dobbiamo scorrere limpidamente come il fiume al mare senza dighe abusive che ostacolino il vero salto. Ci si ama quando si è amati per quel che si è e non per quello che dovremmo essere. Ci si ama quando la parola quotidiana è pace e non guerra. Ci si ama quando esiste l'accettazione della condizione umana e non quando si idealizza uno stato edenico dell'esistenza. Gli ideali si scontrano sempre con il reale e con quello bisogna fare i conti. Idealizzare l'altro significa cercare di eliminare le caratteristiche spiacevoli, meno positive per renderlo simili a noi annullando la sua autentica personalità, i suoi gusti, il suo carattere, i suoi obiettivi e i suoi piaceri, creando uno stato di clonazione psicologica ed affettiva che non porterà mai alla perfetta libertà nell'amore. Donald Winnicott, psicoanalista inglese, sostiene che il gioco è sempre un’esperienza creativa e la capacità di giocare in maniera creativa permette al soggetto di esprimere l’intero potenziale della propria personalità, “grazie alla sospensione del giudizio di verità sul mondo, a una tregua dal faticoso e doloroso processo di distinzione tra sé, i propri desideri, e la realtà, le sue frustrazioni”. In questo modo, attraverso un atteggiamento ludico verso il mondo può comparire l’atto creativo, che permette al soggetto di trovare sé stesso, di essere a contatto con il nucleo del proprio Sé. E il gioco condiviso è emancipazione ed essenza di un amore realistico, libero dalle catene di un idealismo infruttuoso senza possibilità di divenire altro nell'altro da sé. 

Vincenza Fava 




martedì 5 giugno 2012

Al ladro!

ORE 7.OO: SVEGLIA MATTUTINA, SONNOLENZA IMPERTERRITA

ORE 7.15: CAFFE' E BRIOCHE COL PICCOLO METICCIO CHE MI SCONDINZOLA E GUAISCE DI GIOIA

ORE 7.30: PRIMO COLLEGAMENTO COL MONDO (SILENZIO), COMUNICAZIONE 0

ORE 8.00: FACCENDE DOMESTICHE E PENSIERI TRANSITORI

ORE 9.00: ANCORA NON HO FINITO DI SISTEMARE, IL BAGNO RICHIEDE UN PO' PIU' DI TEMPO, MA PAZIENZA, L'ACQUA MI DA' SEMPRE UNA BELLA SENSAZIONE, L'IMPORTANTE E' LASCIARE ANCORA LA POLVERE AL SUO POSTO, PUO' ATTENDERE ...

ORE 10.00: ESCO COL MIO CANE A FARE LA SPESA, RICARICO CELLULARE E COMPRO LE SIGARETTE (SAREBBE ORA FARNE A MENO MA QUEL TEMPO ANCORA NON ARRIVA?!? O NON VOGLIO CHE ARRIVI?!?)

ORE 10.30: ENTRO NEL NEGOZIO DI FRUTTA E VERDURA EGIZIANO. COMPRO UN ANANAS E UN CHILO DI PESCHE. MI METTO IN CODA PER PAGARE. IL SIGNORE DAVANTI A ME CON LA BUSTA PIENA DI FRUTTA SULLA MANO  SINISTRA PRENDE TRE PESCHE DAL BANCONE SULLA DESTRA E LE METTE IN TASCA.

P.S.
NESSUNO SE NE ACCORGE, SOLO IO RESTO BASITA A GUARDARE, AVREI POTUTO GRIDARE AL LADRO! AL LADRO!, MA TACITAMENTE OSSERVO. IL SIGNORE, PENSO, AVRA' FORSE BISOGNO DI TRE PESCHE GRATIS, NONOSTANTE LA BUSTA PIENA DI FRUTTA E VERDURA (CIRCA 6 EURO DI SPESA)? CALCOLANDO LE TRE PESCHE AVREBBE SPESO 6.50 CIRCA. PER 50 CENTESIMI, SI PUO' FORSE DIVENTARE UN "PO' LADRI" SAPENDO CHE QUALCUNO DIETRO DI NOI AVREBBE POTUTO VEDERE TUTTO? O TUTTI, DICO PROPRIO TUTTI, POTREMMO APPROPRIARCI DI 50 CENTESIMI E FARE UNA BRUTTA FIGURA DINANZI AL PROSSIMO? CAPISCO LA CRISI, CAPISCO CHI HA FAME E RUBA PER QUESTO, MA NON COMPRENDO CHI PUO' SPENDERE 6 EURO E APPROFITTARE DI 50 CENTESIMI ... ECCO, MI DICO, QUESTO E' IL TIPICO ESEMPIO DI ITALIANO MEDIO CHE PENSA DI FARE IL FURBO ALLA BARBA DI CHI GUARDA. E ALLORA, DOVE RISIEDE LA POSSIBILITA' DI CAMBIARE PER UN POPOLO CHE GUARDA IL DITO E NON VEDE LA LUNA?

CONSIDERAZIONI: ONESTA', RISPETTO E DIGNITA' HANNO FORSE UN COSI' ALTO PREZZO DA PAGARE PER POTER VIVERE? NO, SOLO 50 CENTESIMI ... E COSI' SIA, IN ALTO E IN BASSO, MA LA SOSTANZA NON CAMBIA.











domenica 3 giugno 2012

Al faro

Elena le aspettava al faro. La sua corsa solitaria e l'affanno per raggiungere la meta l'aveva spinta ad alzarsi all'alba per poter arrivare in tempo a guardare le scie rosa del cielo aprire il sipario a un sole pacato, ancora assonnato, pigro e senza la solita frenesia di riscaldare il mondo. Così la trovarono seduta e muta sulla scogliera con il vento alle spalle.  Salutò debolmente le amiche con un sorriso stanco, di quelli che maturano in un istante e non vogliono proseguire in inutili parole. Così Giovanna e Laura si sedettero accanto a lei stringendosi appena e sfiorandole le braccia. Aveva freddo e non si era coperta abbastanza per evitare l'umidità e la salsedine mista a gocce di mare.

Esultava la costa al suo sguardo muto, esultava l'onda che si rifrangeva sugli scogli immobili - immobilità senza tempo apparente che di alghe e telline rinnovava la vita - perduti istanti nelle tracce di memorie confinate in un apparente oblio. Ma tutto tornò a riva anche le sillabe del silenzio e sulla sabbia apparirono a tratti i fantasmi della marea.

Elena si volse verso Giovanna e le diede una carezza per sigillare un'amicizia iniziata anni prima sulla battigia durante una festa di compleanno. Le risa e i suoni di un happy birthday stonato in coro di voci stridule le riportarono alla mente la voce di sua madre mentre la invitava a tagliare la prima fetta di torta (una zuppa inglese con panna montata e candeline rosa) ormai imbevuta del suo indice, sotto gli sguardi divertiti dei cugini che proferivano tenere parole onomatopeiche di consolazione infantile. Il flash della polaroid intanto immortalava il bianco e nero della gioia condivisa.

Elena, allora, guardò Laura e le parlò con gli occhi del primo giorno di scuola quando tutto sembrava spaventosamente grande e infinito come una montagna da scalare di cui non vedi la cima ma sai che sta lì ad aspettare te. E quegli occhi sorridenti l'avevano rassicurata per l'intera giornata e per tutte le mattine a venire scandite da ore programmate e sviluppate nell'ascolto di una voce maestra. Ma ad un certo punto la vita mette fine ai programmi scanditi dal tempo, mette fine alle certezze acquisite, ti getta nel caos per poi poter ritrovare un ordine diverso creato dagli eventi che non sempre puoi controllare. Non ci sono più compiti per le vacanze, ci sono doveri da assolvere anche nell'afosa estate che scolora la terra. Ci sono i diritti mai ascoltati e quelli infangati. C'è un bene che si tramuta in male e c'è un male che si tramuta in bene, continuamente, palesemente, senza inutili perdizioni o drammatici conflitti itineranti.
Così le tre donne si abbracciarono creando una catena di affetto silente, permeato dal languido vento marino sotto lo sguardo imponente e impassibile del faro.

Vincenza Fava






giovedì 31 maggio 2012

Dipende

Una bella passeggiata, uno sguardo alle case vive di suoni, tra poco scenderà il silenzio, tra poco la sera s'addormenterà tra le braccia della notte e tutto avrà un epilogo. Sono verde di sogni, sono celeste di nuvole, sono nel limbo della mia immaginazione che non conosce solitudine. Sono arrivata ai miei anni contando le stagioni del cuore, appuntando su un quaderno le epigrafi del desiderio. Seguo la strada che mi appartiene curandomi di soppesare il giusto e l'erroneo sulla bilancia del presente. A conti fatti, talora indietreggio, talora mi sposto in avanti subendo le avances del destino, talora mi fermo e medito sulle possibilità infinite degli incroci. Così, mi dico che tutto dipende dall'intensità della volontà, il retrocedere e il fronteggiare hanno il peso della vittoria o della sconfitta oppure semplicemente di una pace solitaria che consapevolmente ormai mi appartiene definitivamente. Osservo la gente indaffarata adesso che sono ammorbidita nell'ozio in attesa di nuove sollecitudini ai gesti quotidiani. Osservo la vita intorno, l'anziano signore che ogni mattina alle 7.30 esce di casa con gli occhiali da sole anche quando piove. Puntuale si reca dal fornaio per acquistare una pagnotta di pane fresco da addentare nella solitudine delle ore. Ma quanto è buono il pane fresco, ha l'odore del calore appena sfornato, resta incartato nei pensieri del giorno. A ognuno il suo pane, la sua fetta giornaliera di pace da condividere anche con un bicchiere di limpido vino. Immagino quella bambina con il grembiule della scuola materna che ritorna a casa e chiede una carezza prima ancora di mangiare, prima di soddisfare il corpo c'è bisogno di accontentare anche il cuore, altrimenti non si può mangiare, non si può vivere ma solo sopravvivere. E mi chiedo, quante persone in questo momento nel mondo stanno lottando per un pezzo di pane e mettono da parte le carezze e i baci, mettono da parte la dignità e il sentimento. Non pensano certo alla salvezza dell'anima, hanno ben altro a cui pensare. Siamo noi, qui, in questa parte di universo che sembra così lontano da tante realtà eppur vere, che ci preoccupiamo di una felicità irraggiungibile, ma che è già presente senza che ce ne accorgiamo perché spendiamo le ore a desiderare l'impossibile quando invece basterebbe tornare a quel pezzo di pane, magari con i contorni di un abbraccio senza resa. Avere tanto e non saperlo, avere tutto e non apprezzarlo, avere e non essere, avere e non sentire. Non è questo che ci fa esseri umani, non è questo che ci rende liberi, non è questo che ci dona la gioia dell'essere gettati in questo mondo. Potremmo semplicemente avanzare un attimo e spingerci sulle rive del fiume per arrivare dall'altra parte sani e salvi, nella pienezza di sapere che tutto dipende dall'osservare con occhi nuovi una realtà troppo stantìa e ammuffita dai gesti ripetuti senza la consapevolezza che tutto ritorna al cuore, sempre, non per comodità o agiatezza del vivere, ma per scienza delle emozioni, per intelligenze di quei sentimenti che arricchiscono l'esistenza anche quando sembrano per sempre perduti.

Vincenza Fava


lunedì 28 maggio 2012

Ninna nanna

Ninna nanna al mondo,
a tutti gli occhi stanchi
ciechi di nostalgia.
Ninna nanna alle culle vuote,
alle mani di un pallido viso
terso e illuminato d'oro.
Ninna nanna ricci biondi
dal candido sorriso.
Ninna nanna agli affamati,
agli assetati di giustizia,
al corpo bianco
osannato sudario.
Ninna nanna alle vittime
ai carnefici
e al male impavido.
Ninna nanna
per una notte
di
pace                                                                                                                                                       doni
        di amore                                                                                                                          musiche
                       di sogni                                                                                                  acque
                                      per le anime                                                                   gigli
                                                           pure                                                 prati
                                                                    costellazioni           tramonti
                                                                                          albe

attendendo
                      invasioni di angeli senza ali ...


Vincenza Fava