Binari storti

Binari storti
Binari storti (LietoColle, 2015)

venerdì 27 gennaio 2012

C'è chi

C'è chi si mette in cerca del destino, armandosi di preghiere e luoghi solitari nell'anima, c'è chi si regala le pause del Tempo per nascondere le rughe dietro siringhe e maschere fasulle di gioventù, c'è chi prende a calci l'amore perchè non vuole ricevere calci al cuore, c'è chi ha paura del dottore per allontanare il fantasma della malattia, c'è chi sogna il cielo e si ritrova continuamente a terra, c'è chi spera in un domani di denaro e, chiudendo le mani per pregare, le riapre trovando il Nulla, c'è chi vuole fare ordine e trova un armadio pieno di stracci alla rinfusa, c'è chi veste Prada per darsi un tono e per poi cadere dai tacchi a spillo taroccati, c'è chi fuma per noia e ingoia veleno per togliersi ossigeno di vita, c'è chi scrive per non morire e muore lentamente su sillabe di bianca assenza, c'è chi muore d'amore leccando le ferite dell'incertezza e dell'illusione, c'è chi spera in un domani migliore distruggendo il presente con la vanagloria dell'onnipotente, c'è chi mangia scorze di limone per punirsi e per assaporare meglio la dolcezza di una carezza, c'è chi invece non mangia nulla e crede alla sopravvivenza di un futuro inesistente. E quel futuro non può essere il cieco orgoglio del potente che scava nei delitti dell'umanità per nascondersi dietro gli alibi della sua impunità. Così c'è chi ancora riesce a ribellarsi, demolendo le radici dell'indifferenza, per generare semi da spargere sul terreno arido di una Terra affamata.

Vincenza Fava

lunedì 23 gennaio 2012

Tutto

Il giorno mi chiede di non fare nulla
perché nulla è importante
quando il tutto è domani.

V.F

giovedì 19 gennaio 2012

Una foto

I miei ricordi d'infanzia risalgono ai tre anni, prima c'è un vuoto, un'eclissi totale della memoria ed è come se solo a tre anni avessi iniziato a vivere veramente. So che tutto è confinato dentro le mie cellule, anche il sorriso e lo sguardo di mio padre, così come le braccia calde di mia madre, così come i gesti birichini di mia sorella, già grandicella e spigliata di fronte ad un obiettivo. Sembra impossibile pensare al mio broncio infantile, a quegli occhi corrucciati e sospettosi e specchiarmi in quel piccolo corpo che un tempo è stato mio. Il grande potere di una fotografia sta proprio nell'aprire un mondo seppellito nel nero dei ricordi, osservarci da fuori e poter ripercorrere col fluire del sangue, le tappe del divenire dell'esistenza. Mi rendo conto che è passato molto tempo solo perché mio padre ora non ha più quello sguardo scherzoso, ora porta gli occhiali, ora non riesce più a lavorare come una volta. Mia madre ha i capelli bianchi, le sue braccia non possono più sostenermi, fra alcuni anni, dovrò farlo io. E adesso che sono grande abbastanza per essere cosciente di stare di fronte ad un obiettivo, non avrò lo sguardo corrucciato di chi non sa, ma è felice, avrò lo sguardo di chi sa, ma non vorrebbe sapere per riprendersi la lentezza dell'incoscienza gioiosa, la meraviglia e lo stupore dei primi passi in un mondo straordinario perché sconosciuto.

Vincenza Fava

mercoledì 18 gennaio 2012

Notte dell'anima

Ghirlande nere
si posarono in volo
sul ventre deriso
del biancospino.
Aveva un odore
di smalto
senza colore,
la notte dell'anima,
quando si fermò
e pianse
su lingue di fuoco.
Io non ebbi timore
del manoscritto
del destino,
perché mi arresi
al sorriso del sogno.
E più non andai.
Ed io,
ospite
indesiderata
della prigione,
mi fermai
sul velo
che scoprì
insolentemente
il mio domani.

Vincenza Fava

giovedì 12 gennaio 2012

Corpo

Si guardava spesso allo specchio: il suo corpo aveva solo quattordici anni, ma la mente già correva al domani, quando avrebbe preso di petto la vita, quando avrebbe trovato qualcuno che, osservandola con desiderio, l'avrebbe portata via da quella piccola stanza, in cui non mancava nulla, ma era diventata ormai il luogo privilegiato dell'amore egoistico. Si vestiva con amore, sempre guardandosi, osservando le curve del corpo acerbo ma già adulto. Risaltavano agli occhi i suoi seni, rotondi e delicati, prosperosi e sensuali. Si truccava, ammiccando allo specchio, provando a sbattere gli occhi pieni di rimmel, agitando la bocca rossa a cuore, per vedere come sarebbero state le sue labbra al primo bacio. E per somigliare alle dive del cinema, cominciava ad ancheggiare mandando baci al suo riflesso. Poi accendeva lo stereo e metteva canzoni da discoteca, musiche anni Ottanta, per mettere in pratica le sue conoscenze ritmiche. Il sabato sera sarebbe andata a ballare e forse avrebbe trovato altri sguardi, oltre al suo, altre conferme del suo essere diventata finalmente una donna. Ma cosa si aspettava dagli occhi altrui? Commenti, apprezzamenti o almeno un saluto umano? In discoteca non esistevano saluti umani, solo ammiccamenti e sguardi vogliosi di ragazzi e uomini che non volevano solo guardare ... e lei aveva paura, tanta paura, ma era più forte la vanità e la ricerca del complimento gratuito. Non c'era fine per questo stato d'animo, era quello che le dava la forza di mostrarsi e poi di ritrarsi immediatamente nel momento in cui ci sarebbe stato un incontro ravvicinato. Non voleva contatti, non voleva parole vere, ma solo apprezzamenti, questo le bastava per restare su un piedistallo e non scendere mai. Così in discoteca arrivava il momento della sua verità: ormai tutti la conoscevano per le sue danze sfrenate. Di solito si formava un bel cerchio (osannando e ricordando una ludica Febbre del sabato sera) e lei lì, al centro dei volti estasiati, unica stella della sala, come un sole che non smette mai di dare luce. Battiti di mani, voci che la incitavano e lei credeva di essere ormai al centro dell'universo ...
Ma con il passare del tempo ed una volta divenuta adulta, avrebbe ricordato con nostalgia e con tenerezza quei momenti di follia spensierata che non sarebbero tornati più, lasciando spazio alla ricerca dei suoi tormenti esistenziali che avrebbero trovato sfogo nelle parole. E allora, la danza del corpo sarebbe diventata la danza del linguaggio con una consapevolezza in più: lo specchio ormai non rifletteva solo labbra rosse, seni prosperosi e occhi da gatta, ma le dava la certezza dell'esistere al di là del suo sguardo. Ormai il suo corpo aveva i segni del tempo e dell'esperienza, i segni degli altri sguardi e delle parole che non dovevano più sfuggirle, ma restare impresse per sempre come un sigillo nella sua anima.

Vincenza Fava

mercoledì 4 gennaio 2012

Pensiero immobile

Se potessi chiudere
questa finestra aperta
che lascia entrare
insonnie logorroiche,
i sogni,
piume di cenere sul cuscino,
diventerebbero eco
di valigie da trasportare
su questo lento binario
del Tempo
ove s'annida
il mio volto impietrito,
immobile pensiero
di fottute cospirazioni
da smembrare.
Allontanami
dal bigottismo incallito
di dame senza speranza.
Ammorbidisci
il mio sguardo
che nulla può
contro la disumana scoria
di un dito puntato
ad infangare
le mie nebbie.
Cancella la storia,
il martirio
e l'indecenza
dell'insofferenza.
I guanti del perdono
non carezzano le mani,
affilano le unghie
e stringono le vene
in dure catene d'amianto.
Non mi porterai a riva.
Voglio annegare nel mio mare
finché l'onda respirerà
la mia stessa tempesta.

Vincenza Fava

lunedì 2 gennaio 2012

Amore e ... film

La sua vita sembrava aver trovato ormai una dolce giustificazione ai capricci, alle noie esistenziali, ai tormenti emotivi che l'avevano resa e fragile e desiderosa di combattere ogni sforzo per trovare un po' di tranquillità e di pace. Non poteva vivere di calma piatta, quella non era certo un'esistenza da lodare: l'aveva sempre visto nei film sin da quando era piccola che la felicità si raggiungeva nell'avventura e nella soluzione (non sempre, purtroppo, era previsto il lieto fine) di un sintomatico conflitto. E il conflitto che più l'attirava nell'eroina (ovviamente l'identificazione nel personaggio femminile era una ovvia conseguenza), era quello dell'interiorità accompagnato dal dilemma della scelta. Di qui l'errore, la consapevolezza dello sbaglio e infine la gioiosa redenzione nel recuperare uno stato di felicità sporcato dall'insicurezza e dalla paura. E quale tema più caro ad una ragazzina di 12 anni se non l'amore? Ah sì, quella grande parola, usata, ripetuta, rimaneggiata, coronata di baci appassionati e mai smentita dagli occhi  di Lei persi in quelli di Lui. Ma a lei non piacevano i film d'amore semplici e lineari, scontati e senza sofferenza, preferiva quelli romantici e controversi, quelli in cui l'eroina s'innamorava, ma aveva un bel da fare per poter raggiungere il suo sogno, quelli in cui l'ostacolo maggiore non veniva da fuori, da streghe gelose e maligne, ma da dentro, dall'incapacità di accettare la felicità e goderne senza pregiudizi. Dalla paura di essere imprigionata in un sentimento troppo grande che la portasse lontano da sé stessa e dalle sue malinconie. Era la paura di appartenere completamente a qualcuno che la disarmava e che poteva farle notare la sua bellezza, una bellezza interiore che doveva restare nascosta o perlomeno solo sfiorata. Voleva appartenere solo a sé stessa, questa era la verità, temeva di perdere la libertà di sentirsi sola e incompresa, voleva restare un essere selvaggio che non conosceva regole se non la propria unica volontà, senza rendere conto a nessuno dei suoi pensieri, dei suoi desideri e delle sue smanie di vita. Eppure, in una piccola parte del suo cuore, desiderava che qualcuno la convincesse e le dimostrasse il contrario, che era bello appartenere e darsi a qualcuno, perdere quella sorta di simulacro di libertà per ritrovare invece una libertà più grande nella realizzazione di un amore senza fine, quell'amore eterno che cercava, ma che al tempo stesso, aveva paura di trovare. Perché, in fondo, lo sapeva bene che perdersi in un'altra persona, non era uccidere la propria individualità, anzi era il contrario, era fondere la propria personalità con quella dell'altro per trovare e dare un senso alla condivisione dei sentimenti. E l'unica parola che le veniva in mente era rischio, pericolo. E allora, dato che odiava la calma piatta (ma in quella calma piatta si sentiva protetta in realtà), si era detta che dal quel momento in poi non avrebbe esitato ad accogliere il rischio tra le sue braccia, questa volta senza remore o conflitti. Vivere era la parola d'ordine, al diavolo le sterili elucubrazioni mentali ...
Vincenza Fava

domenica 1 gennaio 2012

Performance P in H2O poesia in acqua ... Pozze termali San Sisto, Vetralla (VT)



Breccia dell'aurora
spiraglio e orizzonte
palpito fecondo.
Tra il nero e il bianco
affiorano segni
gocce e lacrime
della mia nudità.



Celebro i suoni
e l'estasi dello sgomento
la sonnambula coscienza
del fiore sbocciato
nei pascoli dell'innocenza.



Come in una culla,
mi ritrovo
mi trovo qui
ora e adesso.
Acqua e onda
onda calda
onda di madre
onda di mare.
Non c'è dolore
solo attesa
attesa di luce.
Voci in lontananza,
suoni ineffabili per me
che ancora non sono me.
Sembra di viaggiare
da un'infinità ...
pervenuta da non so dove
o forse
non ricordo più.
I multiversi si sfiorano
bolle di sapone
di un Creatore
in cerca
di distrazione ...


VINCENZA FAVA (31/12/2011)


Si ringraziano Gianni Piacentini (ideatore), Ugo Magnanti e Dona Amati (organizzazione)