Binari storti

Binari storti
Binari storti (LietoColle, 2015)

martedì 29 novembre 2011

Prepariamoci alla festa

Prepariamoci alla festa ... prepariamo scatole rosse e azzurre con fiocchi perfetti di luce a dipingere quadri vuoti di solitudine, lì dove il pieno è solo un dovere da smaltire in giornate da condividere compulsivamente. Alziamoci, agguantiamo oggetti, consumiamo e divoriamo le apparenze anche quando si piange dentro, quando stillano le luci intermittenti dei verdi abeti morti e sacrificati per la grande occasione, vestiti e acconciati da puro artificio non-sense ... Quanti pregano, quanti sognano, quanti cantano, quanti s'addormentano, quanti muoiono? La vita gira, continua imperterrita a volerci vedere come piante da serra rinchiuse in chiostri di fango senza germogli. E' sputare sulla vita, ribellarsi a tutto quello che ci hanno preparato, messo su un piatto d'argento affinché noi ringraziassimo? E' farneticare col demonio rinnegare l'opulenza di cucine ingrassate dall'unto dell'ingordigia? E' cadere nel buio delle tenebre stracciare contratti mascherati da pace eterna? E' per questo che:
Io non condivido
io non mangio con voi
io non rido con voi
io non compro regali
io sputo sulle vostre lenti deformanti
io taglio le spese
io vomito sui numeri
io spengo il televisore
io fumo sulle vostre ceneri
io muoio della mia solitudine,
ma resto sulla terra
toccando il cielo con un dito ...

Vincenza Fava

martedì 22 novembre 2011

Morire di vita

E ora che hai tracciato un piccolo cielo curvo, saprai dirmi dove sono le pantofole del mio inquieto dormiveglia. L'insofferenza ha attimi di quiete apparente; là dove il mare è blu e sembra terso e senza onde, nasconde pericoli di sopravvivenza per i nuotatori. La riva è così difficile da raggiungere, serve il salvagente della pace. Morendo di desiderio di vita, si cerca di rinascere al primo colpo al cuore per rivedere nuovamente un barlume di tenerezza quando manca il calore di mani amiche. Sentire freddo non è più delirio se cerchiamo di scaldarci alla luce riflessa di una luna, nitida sorgente di malinconie verticali. Viaggiano ciechi passeggeri dell'umano relitto nei deserti di solitudine; sotto alberi tristi di piogge future, su scale di lacrime ascendenti, nelle case riscaldate da focolari indecisi sulle ragioni di affetti spenti e mortificati da fiammelle striate di silenzi vuoti ed impenetrabili. Volano biglietti di auguri strappati al vento delle confessioni insieme a foglie morte senza ali. Il viale è cosparso di nebbie nevose e la luce dei lampioni non arriverà a domani senza aver perso l'energia del peccato. Prossime stagioni ritorneranno a parlare la nostra lingua sull'asfalto dell'insicurezza. Così una nuova primavera potrà fiorire su perle di ghiaccio, sciogliendo parole incatenate alla paura della felicità.

Vincenza Fava

mercoledì 16 novembre 2011

La vita è un gioco

A volte crediamo che l'amore sia indecifrabile, qualcosa troppo lontano dalla nostra vita, completamente fuori dalla nostra portata, eppure basta poco per sentire un sentimento positivo e perché non chiamarlo amore? Troppo spesso si confonde con il desiderio e la passione intensa che scalda corpi e anime affamate e assetate di comprensione; ebbene questo è solo un aspetto di tutto il resto, di tutto quello che conta veramente. E che cosa conta allora? Conta la poesia e la magia di un istante, di uno sguardo e di un semplice abbraccio, conta ciò che rimane scritto su pezzi di carta quando la voce viene a mancare per approfondire o confessare le proprie emozioni. E proprio di emozioni si tratta ... gioia, ansia, leggerezza, sorrisi, calore, tenerezza, languore ... fino a che non si arriva al mare della vita seguendo quel piccolo battito interiore risvegliato da sensazioni di fiducia ed entusiasmo nella condivisione di istanti prossimi alla felicità. Sì la felicità ... sembra lontana e inavvicinabile, una chimera, ma averla provata un'ora, due, tre o un giorno, non importa, basta per averla poi conosciuta per sempre. Certo poi che l'uomo/ la donna è un essere proprio strano ... non si appaga mai, per lui/lei (in base all'ormai noto e sfruttato principio di piacere) tutto questo non è sufficiente e si continua a cercare, magari rovistando continuamente nella propria vita e in quella altrui per ottenere altro, sempre di più. Tuttavia un eventuale problema è esclusivamente dentro di noi, solo lì dobbiamo cercare per risolverci, non altrove. E vedi persone che si amano e poi si uccidono, persone che urlano contro il mondo e poi si placano mettendosi la maschera dei perbenisti dopo una vita trascorsa a ribellarsi e perché? Solo perché si raggiunge una comodità materiale difficile da abbandonare. Vedi gli estremisti: sia in politica, in società che in amore raggiungono sempre lo stesso risultato. Ipocrisia, niente altro che ipocrisia, maschere, rimedi indolori per anni ma che poi rivelano tutta la loro dolente assurdità. Famiglie di facciata, caos e dolori all'interno velati da baci ufficiali, uscite domenicali e cene con gli amici. Il vestito più bello diventerà uno scudo, una corazza per sputare in faccia agli altri che sono infelici, mentre noi stiamo godendo il lusso dell'estrema gioia in società. Credo che essere sia difficoltoso, ma non come in questi tempi avariati da pensieri oscenamente egoistici e superflui. E tu, che vorresti "essere", non puoi non nasconderlo, potresti morirne, sarebbe un suicidio. "Essere", però, comporta il tentato omicidio degli altri nei tuoi confronti e tu devi difenderti, giocare in difesa, sempre, per evitare dolorose sconfitte e perché solo quel tipo di gioco avevi imparato, ti era stato insegnato in un allenamento sfiancante che era iniziato il giorno della tua venuta al mondo. Finché non arriva un bel giorno in cui, stanco di difenderti, cominci a giocare in attacco per segnare il tuo goal; i nemici-amici, ti guarderanno, prima sorpresi e poi incapaci di capire, ti insulteranno e ti tortureranno con tutti i mezzi possibili per sfiancarti e riportarti al tuo vecchio gioco, ma tu no ... non ti arrenderai più, anzi con un bel contrattacco, riuscirai a deviare le loro mosse e a vincere la tua partita. Ecco, la vita è un gioco, basta capirlo in tempo e riuscire a dare il meglio di sé in ogni momento, anche e soprattutto in quel gioco chiamato amore che dovrebbe legarci tutti quanti alla fine di ogni partita, perché si sa, i giocatori, anche se di squadre diverse, alla fine possono benissimo stringersi la mano, mangiare e bere allo stesso banchetto della vita ...

Vincenza Fava


lunedì 14 novembre 2011

Incontri

"Be careful!" sento gridare. Alzo la testa e gli occhi fissi sulle mani. In quella stazione ferroviaria, gremita di gente e di corpi anonimi in continuo movimento, la mia figura nera su una panchina di marmo nero, sembra un orologio fermo da ore, in attesa di un nuovo impulso cerebrale. La voce baritonale e potente di un uomo sulla sessantina, occhiali tondi da vista, basso e grassoccio, con marsupio al ventre, mi risveglia dal torpore. L'uomo sta gridando a me ... "Sorry ..." dico io, con voce bassa e assonnata "Are you talking to me?", "Yes, yes" mi risponde "you seem to be on another world, this place is dangerous, but are you of this world?". Aspetto un attimo per realizzare il senso di quella frase, devo pensare in inglese, parlare in inglese e la condizione del mio stato richiede almeno alcuni minuti per poter rispondere e capire che cosa vuole quell'uomo. Lui capisce la mia incertezza, il mio dubbio, la mia paura perché penso, a cosa devo stare attenta se non a te che non ti conosco, che ridi e mi parli a voce alta presupponendo la mia estraneità alla realtà circostante? Prendo coraggio e il suo volto all'improvviso sembra familiare. Sorrido, mi fido, mi fido istintivamente e parlo, inizio a dialogare in inglese e lui mi racconta che è greco, vive in Svezia con la moglie, è venuto a Roma per farsi curare i denti dalla figlia odontotecnico e sposata con un ambasciatore americano (ma non so se tutto questo sia vero... ormai comprendo che è lì per dirmi altro). Mi confessa, chiamandomi "good girl" di essere rimasto impresso dalla mia figura solitaria e assente e di non aver potuto fare a meno di svegliarmi: "Sai?" mi dice "Sei una scultura nera appoggiata pigramente su una base di marmo nero, ma vedo una luce dentro di te che mi commuove, molto good girl, ma stai attenta, non è questo il posto giusto per emanare luce" e mi fa un paragone "se fossimo in un campo di battaglia, e questo lo è, tu così perdutamente assente, ma visivamente presente perché piena di luce, saresti la prima a cadere. Oh! My good girl!" e si fa il segno della croce. Il sacro gesto e le sue parole mi colpiscono profondamente e lo ringrazio. Mi alzo e lo saluto, gli stringo la mano e guardo il video delle partenze. Il mio treno è arrivato, devo correre frettolosamente se non voglio restare lì, in quel campo di battaglia e perire sotto i colpi del destino.

Vincenza Fava

venerdì 11 novembre 2011

Labirinto

Fruscia, striscia,
rimbalza


La mia gamba
distratta


Non disdegna il
passo


In questo
labirinto

Enigma incerto


Delle mie
debolezze


Orgoglio di
frenesie

Timore di partire

Guarda

Guarda


Guarda e poi
liberati

Di questa àncora

Il mare è lontano


Sprofonda nel
vento

Accendi il suono

Deserto di memorie


Prestami la tua
mente

Sarò invisibile

In autunno

Accenderò un fuoco


Con le tue foglie
smarrite


Mi desterò al tuo
nome

Solo nel ricordo


Degli ultimi
avanzi di sole

Non piangere

Non piangere

Mi difendo

Mi difendo

Recalcitrante disdegno

Insoddisfatto mistero

Non curarti di me


Sarò polvere di
pensiero


Rinuncerò alla
frustrazione


Vivrò nel mio
castello

Guardando fuori


La pioggia
arrivare


Così nei giorni a
venire

Avrò dimore nascoste

per cancellare


La sete di
vita.

Vincenza Fava

domenica 6 novembre 2011

Rintracciami

Ho ancora un sogno da condividere
tra la pelle e il cemento della solitudine.
Sgorgano parole di fiamme accese,
si spengono sillabe di segreti e silenzi.
Scivolo in gesti ambigui
m'arrendo al dilemma dei pensieri.
E scoprimi
anello di sabbia
nella folla dei ricordi.
Rintracciami
foglia persa
nei percorsi distratti del vento.
Abbracciami
quieta nomade
nell'inquietudine del Tempo.

Vincenza Fava

mercoledì 2 novembre 2011

Allora e per sempre

Seguivo il tuo volto sereno, i tuoi occhi socchiusi e assonnati, il tuo leggero ed elegante vestito rosso, sembravi una principessa sposa della terra e del cielo. Un rosario tra le mani ... una preghiera da piangere per l'assenza del domani. Percepivo l'etere farsi scudo di verità tra la mia pensierosa adorazione per la bellezza della tua pace e le lacrime per la distanza del tuo corpo. Stava iniziando il tuo viaggio davanti alla mia mente, convinta dell'antica solitudine di Dio e compresi quanto ci si possa sentire soli in un letto, mentre tutti piangono, tutti gridano ... quando solo il silenzio aiuterebbe e purificherebbe il tuo anelito, il tuo volo desideroso di raggiungere l'unica Verità che ci è data di vedere e di sentire in vita ... Mi alzai e mi sedetti vicino a te, ti accarezzai il viso pallido e stanco per aver combattuto una faticosa e dolorosa battaglia nel campo minato del tuo corpo. Le mie mani scivolarono sulle tue e ti baciai gli occhi ... credetti di vedere un sorriso ... Così come d'incanto, scivolò una lacrima sul mio viso, una lacrima che serrava la gola ma che allo stesso tempo nutriva tutto il mio fuoco interiore. In un attimo ripercorsi con la memoria tutti gli istanti vissuti con te, tutte le frasi, tutti i pensieri, tutti i sorrisi e i dolori condivisi ... e compresi dove fosse il Paradiso: era lì con me e con te nel momento dell'Addio ... nella confessione di un ritrovarsi di nuovo insieme un giorno, legate da quel filo che sorregge ancora la mia Vita, la nostra Vita, allora e per sempre ...
Tua Vincenza