Binari storti

Binari storti
Binari storti (LietoColle, 2015)

giovedì 19 gennaio 2012

Una foto

I miei ricordi d'infanzia risalgono ai tre anni, prima c'è un vuoto, un'eclissi totale della memoria ed è come se solo a tre anni avessi iniziato a vivere veramente. So che tutto è confinato dentro le mie cellule, anche il sorriso e lo sguardo di mio padre, così come le braccia calde di mia madre, così come i gesti birichini di mia sorella, già grandicella e spigliata di fronte ad un obiettivo. Sembra impossibile pensare al mio broncio infantile, a quegli occhi corrucciati e sospettosi e specchiarmi in quel piccolo corpo che un tempo è stato mio. Il grande potere di una fotografia sta proprio nell'aprire un mondo seppellito nel nero dei ricordi, osservarci da fuori e poter ripercorrere col fluire del sangue, le tappe del divenire dell'esistenza. Mi rendo conto che è passato molto tempo solo perché mio padre ora non ha più quello sguardo scherzoso, ora porta gli occhiali, ora non riesce più a lavorare come una volta. Mia madre ha i capelli bianchi, le sue braccia non possono più sostenermi, fra alcuni anni, dovrò farlo io. E adesso che sono grande abbastanza per essere cosciente di stare di fronte ad un obiettivo, non avrò lo sguardo corrucciato di chi non sa, ma è felice, avrò lo sguardo di chi sa, ma non vorrebbe sapere per riprendersi la lentezza dell'incoscienza gioiosa, la meraviglia e lo stupore dei primi passi in un mondo straordinario perché sconosciuto.

Vincenza Fava

Nessun commento:

Posta un commento