Binari storti

Binari storti
Binari storti (LietoColle, 2015)

domenica 3 giugno 2012

Al faro

Elena le aspettava al faro. La sua corsa solitaria e l'affanno per raggiungere la meta l'aveva spinta ad alzarsi all'alba per poter arrivare in tempo a guardare le scie rosa del cielo aprire il sipario a un sole pacato, ancora assonnato, pigro e senza la solita frenesia di riscaldare il mondo. Così la trovarono seduta e muta sulla scogliera con il vento alle spalle.  Salutò debolmente le amiche con un sorriso stanco, di quelli che maturano in un istante e non vogliono proseguire in inutili parole. Così Giovanna e Laura si sedettero accanto a lei stringendosi appena e sfiorandole le braccia. Aveva freddo e non si era coperta abbastanza per evitare l'umidità e la salsedine mista a gocce di mare.

Esultava la costa al suo sguardo muto, esultava l'onda che si rifrangeva sugli scogli immobili - immobilità senza tempo apparente che di alghe e telline rinnovava la vita - perduti istanti nelle tracce di memorie confinate in un apparente oblio. Ma tutto tornò a riva anche le sillabe del silenzio e sulla sabbia apparirono a tratti i fantasmi della marea.

Elena si volse verso Giovanna e le diede una carezza per sigillare un'amicizia iniziata anni prima sulla battigia durante una festa di compleanno. Le risa e i suoni di un happy birthday stonato in coro di voci stridule le riportarono alla mente la voce di sua madre mentre la invitava a tagliare la prima fetta di torta (una zuppa inglese con panna montata e candeline rosa) ormai imbevuta del suo indice, sotto gli sguardi divertiti dei cugini che proferivano tenere parole onomatopeiche di consolazione infantile. Il flash della polaroid intanto immortalava il bianco e nero della gioia condivisa.

Elena, allora, guardò Laura e le parlò con gli occhi del primo giorno di scuola quando tutto sembrava spaventosamente grande e infinito come una montagna da scalare di cui non vedi la cima ma sai che sta lì ad aspettare te. E quegli occhi sorridenti l'avevano rassicurata per l'intera giornata e per tutte le mattine a venire scandite da ore programmate e sviluppate nell'ascolto di una voce maestra. Ma ad un certo punto la vita mette fine ai programmi scanditi dal tempo, mette fine alle certezze acquisite, ti getta nel caos per poi poter ritrovare un ordine diverso creato dagli eventi che non sempre puoi controllare. Non ci sono più compiti per le vacanze, ci sono doveri da assolvere anche nell'afosa estate che scolora la terra. Ci sono i diritti mai ascoltati e quelli infangati. C'è un bene che si tramuta in male e c'è un male che si tramuta in bene, continuamente, palesemente, senza inutili perdizioni o drammatici conflitti itineranti.
Così le tre donne si abbracciarono creando una catena di affetto silente, permeato dal languido vento marino sotto lo sguardo imponente e impassibile del faro.

Vincenza Fava






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