Binari storti

Binari storti
Binari storti (LietoColle, 2015)

lunedì 28 maggio 2012

A volte

A volte mi chiedo dove vada il mondo, quale direzione sta prendendo la gente, sollecitata impunemente da fotogrammi virtuali d'inconsueta prosaicità. Apprendiamo automaticamente sbalzi d'umore introiettati dai vicoli ciechi di trasmissioni televisive in cui la parola enfatica sostituisce spesso il silenzio di verità nascoste. E tutto diventa un mito scoordinato, insensato, a perdita d'occhio mellifluo e inconsistente, labile epifania del vuoto. Si ha fame di poesia e di sentimento, si ha sete di emozioni, di sorrisi e di lacrime vere, ma quando sopraggiungono queste ultime hanno il sapore del fiele perché ci risvegliano di fronte ad uno specchio che ci riflette ossa e fango senza colore. Scoprirsi nudi di fronte a sé stessi ed affrontarsi è il miglior antidoto per non cadere indietro senza un valido sostegno.
A volte mi chiedo dove vadano a finire tutte le parole scritte che si trascinano immagini e ricordi, odori e voci. Forse in un lontano ripostiglio del cuore per conservare intatte le purezze della felicità, le angosce del dolore e il martirio del supplizio. Così mettiamo tutto dentro una valigia e siamo pronti per partire, senza vestiti inamidati, senza scarpe lucidate, ma con il dono della solidarietà, con la sensazione che qualcosa resti sempre nel fondo per restituire alla superficie anche le più piccole briciole di un calore perfettamente umano.
A volte mi chiedo se le parole abbiano un corrispettivo simmetrico gestuale, se ciò che viene detto o promesso abbia la certezza del divenire, del prendere forma in particolari posture di verità mansuete e indipendenti dall'ordine del giorno.
Siamo cellule infinitesimali che restitueranno un cuore all'universo, non possiamo essere gelidi avvoltoi che indossano artigli da guerra, non possiamo permettercelo. Abbiamo bisogno di nutrirci di profonde essenze per trasformare il cibo in linfa mettendo le radici su un terreno solido, senza pericolo di sismi distruttivi perché ciò che sprofonda al centro della terra, non avrà più la possibilità di risalire al cielo, di ricucire quelle spasmodiche fratture che hanno affondato la nave in alto mare.
Abbiamo bisogno di ascoltare una nuova musica con orecchie addomesticate all'amore che è rispetto e condivisione, esercizio e calma d'intenti, senza forzature o egoistiche incrinature.
Eppure umani siamo e umani saremo, nei limiti delle vedute e delle prospettive: aspettiamo tutti un segno per scoprirci fraternamente presenti oltre le scorie dell'odio e del rancore. E la pazienza ha un ruolo insostituibile, è la candelina da spegnere al momento giusto su una torta ben servita su un piatto d'argento così da poterci fare gli auguri per una vita migliore priva di stenti ed illogiche cadute.

Vincenza Fava


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