Binari storti

Binari storti
Binari storti (LietoColle, 2015)

giovedì 29 dicembre 2011

Cara Italia

Sta arrivando il tanto temuto 2012 fra attese apocalittiche e speranze senza nome, e mi chiedo: come mai si dà sempre un nome a ipotetiche quanto inverosimili magiche disgrazie (come se si invocasse una ambigua distruzione globale per purificarsi dalle colpe dei padri, per non vedere i risultati quanto poco entusiasmanti ed edificanti ottenuti dall'uomo nei secoli dei secoli) e mai un nome certo alla progettualità dell'azione futura? Anche se il domani è incerto e la sua esatta verificabilità impossibile perché sottoposta a eventuali varianti non sempre prevedibili, perché non accertarsi di compiere e realizzare progetti stesi su carta, ma poi riposti a stagnare per anni in un cassetto? Vedo stanchezza e confusione,  ambizione e frustrazione, schiavitù e servilismo, potere di pochi eletti e plebe sfrattata dei propri diritti. Non possiamo essere orgogliosi, no ... perché l'orgoglio di un popolo è accompagnato dalla dignità e quella l'abbiamo persa già da troppo tempo, ai nostri occhi e agli occhi del mondo. In quale futuro sperare se i giovani hanno poco prospettive di lavoro, se molti giovani hanno ormai perso il significato di lavoro, anche manuale ormai sostituito dagli immigrati? E a forza e a rabbia ci scontriamo continuamente coi pregiudizi di chi viene a rubarci il lavoro, senza renderci conto che quel lavoro non lo vogliamo, perché ci sporchiamo le mani e i vestiti, perché non ci potrà permettere di comprare un i-phone per Natale, perché non è più dignitoso e redditizio lavorare il legno, il ferro, la terra e riparare scarpe alla moda. E' vero non è più redditizio e l'euro ci ha sottoposto al controllo delle banche europee, perché siamo sudditi dell'europeizzazione e anche della globalizzazione, perché siamo figli di padri che hanno pensato esclusivamente al proprio arricchimento nella depauperizzazione prolungata ed eccessiva a spese del gregge. Sì, gli italiani ... un popolo, un gregge che spalanca la bocca davanti al televisore e beve parole ingessate e sorrisi di cartapesta, che beve il suo bicchiere di vino e mangia il suo bel piatto di pizza il sabato sera inneggiando al divertimento muto di cose da fare perché si devono fare, perché non c'è più scampo alla libera scelta, tutti siamo tutti in un eccessivo e sfiancante individualismo che trova nel piacere effimero la sua più completa realizzazione. Essere tutti ed essere nessuno, perché manca la concezione dell'insieme, di idee e progetti da condividere. Perché la noia ci annienta, il mancato senso di appartenenza ad un gruppo che non dovrebbe credere perché deve credere, ma perché vuole credere per cambiare le cose. E così, tutti essendo nessuno, siamo sempre più soli, emarginati gli uni dagli altri, ci guardiamo in cagnesco per paura di essere fregati e poi andiamo a cena insieme brindando all'amicizia. Cara Italia, sono tua figlia, ma ormai sono e mi sento figlia del mondo perché Tu non mi hai dato la sicurezza del futuro, perché mi hai sbattuto in faccia l'arrivismo e l'egoismo degli eletti, perché escludi le parole vere dai dibattiti, perché basta un vestito, una cravatta ed un cartellino sul taschino per sentirsi intelligenti e padroni del mondo. E io mi rifiuto, sarò e resterò un nulla per Te, ma mi basta il mio nulla per trovare il mio Tutto, il mio e di chi non ha voce nel mondo dei superdotati.

Vincenza Fava

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