Binari storti

Binari storti
Binari storti (LietoColle, 2015)

lunedì 3 ottobre 2011

Testa nuda

Esistono ricordi dentro di noi, lontani nel tempo, vite vissute, forse, prima ancora che la ragione disegnasse il valore del Tempo ...

Avevo le mani nude in quel freddo mese di gennaio. Avevo i piedi nudi in quella terra straniera. Avevo la testa nuda, rasata e piena di escoriazioni; la signora, alta e grassoccia, non aveva fatto attenzione alla mia pelle, ancora tenera sì... e mentre sussurravo il nome di mia madre, una terribile scossa di dolore mi aveva ucciso il petto insieme al terrore di non sapere come, dove e quando, qualcuno mi avrebbe potuto tirar fuori di lì, nel freddo mese di gennaio. Non una nuvola amica in quel cielo che scorgevo dalla serratura del mio odiato nascondiglio dove donne giovani e anziane continuavano a balbettare strane parole sacre. E il cattivo odore di pelle umana si diffondeva nell'aria gelata, fendendo le mie narici di un disgusto misto a pietà e compassione per esseri umani impotenti, gente da quattro soldi, merce clandestina, carne da macello inzuppata di insulti, botte e sangue. Nel tunnel dell'orrore, la mia pelle tenera, quattordici anni di candore, si stava sfaldando, si stava tagliando e sbucciando come un limone che una volta aperto perde il colore del sole e il proprio aspro sentore di libertà. Io non conoscevo memorie simili, il nuovo mi sconvolgeva, soprattutto lo stomaco chiedeva un piccolo dono, un'offerta per elemosinare ancora una tenue parvenza di vita, occhi aperti e vigili per assottigliare l'ansia di oltrepassare quella linea che molti ormai prima di me avevano oltrepassato e forse... anche mia madre. Mia madre, così bella e radiosa, ricordavo ancora il suo rossetto rosso che s'imprimeva come un sigillo sulle mie guance candide ed il suo profumo, petali di rosa, rossi di sentimento. Ma ora ero lì, sola e nuda, le mani nude, i piedi nudi, la testa nuda. Intorno a me grida soffuse e strazianti, lamenti quasi impercettibili ma colmi di un vuoto agghiacciante. Quando muore la speranza, madre, è così che succede? Si tace nelle lacrime? Ci si fa uno spazio dentro, si rimuove l'interno, si mummifica il cuore? Anche io non osavo parlare, solo il silenzio dei ricordi poteva tenermi compagnia. Quei ricordi sarebbero volati con le mie ceneri, dopo la doccia del male, dopo il fuoco della distruzione e poi... il vuoto pieno, quel dolce volo di piuma nel cielo che segue l'annullamento di ogni dolore... perché al male non si può rispondere se non con le voci di un silenzio ancora più grande, quello che avvolge ogni stoltezza per trasformarla in pace e amore nel vento della follia...

Vincenza Fava






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