Binari storti

Binari storti
Binari storti (LietoColle, 2015)

venerdì 14 ottobre 2011

Vestimi

Questo racconto mi è stato ispirato da alcune persone conosciute nella mia vita, non vuol essere un’accusa a tutte le donne, ma solo fortunatamente, ad una parte esigua della popolazione femminile dedita ad una ricerca spasmodica di una identità fuorviante e distruttiva. Vuole essere un’esortazione al cambiamento, alla ricerca dolorosa ma salvifica della propria anima.



Non era la prima volta che si trovava a fare i conti con un pezzo di merda del genere. L’ennesimo rimprovero. Il capo. Chi? Quel povero imbecille che tutte le mattine sorseggiava il caffè offerto dalla sua segretaria personale, che arrivava e se ne andava a qualsiasi ora, alla barba di tutti i dipendenti. Silvana aveva già incamerato  una bella dose di rabbia e alle 11 del mattino aveva proprio voglia di sputargli in faccia tutto il rancore accumulato in una settimana di lavoro. Per fortuna che domani sarebbe rimasta a casa, anzi no, si sarebbe fatta accompagnare da Mauro all’outlet. Almeno lo stipendio del mese avrebbe avuto un senso. Mentre il capo sbraitava e argomentava sull’increscioso episodio avvenuto proprio quella stessa mattina a causa della sua irrazionale avventatezza nei confronti di una collega dei piani alti, Silvana già costruiva castelli in aria e assaporava il dolce gusto del bancomat inserito nell’apposito aggeggio elettronico. Allora: un tubino stravagante per il prossimo matrimonio degli amici, magari firmato Cavalli. Un paio di sandali con le pietre. Una sciarpa di seta. Una borsa di pelle rossa. Ed infine, dulcis in fundo, un anello d’oro bianco con un brillante incastonato. Erano anni che lo sognava. Di solito si accontentava dell’argento o di bigiotteria di alta qualità. Questa volta, per superare l’arrabbiatura presa in quello stesso istante, avrebbe chiuso un occhio, anzi no, tutti e due. Ma Mauro avrebbe fatto lo stesso? Bisognava trovare il modo giusto per convincerlo. La solita lacrima di coccodrillo forse non avrebbe avuto più lo stesso risultato. Beh, ci avrebbe pensato quella notte…. Gli ultimi completini intimi acquistati l’avrebbero di certo aiutata ad ottenere ciò che desiderava. Ora il capo aveva finito di parlare. Ora toccava a lei. S’inventò al momento delle scuse plausibili per addolcire la situazione. Tanto il capo era un uomo e come tutti gli uomini ci avrebbe creduto. Bene, l’aveva scampata di nuovo, nessuna punizione con la promessa di evitare un simile comportamento la prossima volta. Bye bye amigo! A lunedì! Avrebbe voluto dire a mai più, ma sapeva che non era possibile. Quella faccia del cavolo non si sarebbe cancellata dai suoi giorni a venire.



A casa, ora tornerò a casa. Quante cosa da fare! Ritirare i panni lavati e asciugati, stirare, preparare la cena, lavare i bagni e rifare i letti anche se a quello sicuramente ci aveva già pensato quella logorroica di sua madre. Ma per fortuna che c’era e a qualcosa ancora serviva. Il tempo di una doccia e poi l’attesa con il completino intimo azzurro, anzi no, forse quello rosso era più indicato. Mauro sarebbe arrivato verso le dieci da Firenze, chissà ora dove era. Pensò bene di chiamarlo al cellulare per ascoltare come gli era andata quella giornata lavorativa. Ora si sarebbe dovuta sopportare tutta una serie di chiacchiere su quello che aveva fatto, su chi aveva incontrato, quante macchine aveva venduto e quindi la parte migliore, quanti soldi aveva intascato. Perché diciamoci la verità, a noi donne di oggi, non interessano le coccole e le smancerie scontate, serve un bel gruzzolo in una borsa firmata Martini. Avrebbe fatto benissimo a meno di lui come avrebbe fatto a meno di tutti gli uomini della terra e, a volte, in preda ad una ossessione compulsiva, prendeva la calcolatrice e cercava di calcolare quanto avrebbe ricevuto mensilmente da un divorzio consensuale, ma poi in preda all’ansia, notando la cifra esigua che compariva sul display, faceva retromarcia, ci ripensava e si consolava da sola, ritenendosi fortunata ad avere un “portastipendio” abbastanza remunerativo e coscienzioso … Allora si affacciava alla finestra del suo balcone spoglio e cominciava a respirare la solita aria inquinata di quella città sfavillante in cui vetrine e negozi già baluginavano di smanioso splendore, smanioso come il vuoto che l’accerchiava e quel vuoto doveva essere subito riempito. Non ci pensò un attimo, la cena poteva aspettare, si cambiò con l’ultimo vestito acquistato ed uscì immediatamente da quella prigione per respirare la libertà di uno shopping sfrenato che l’avrebbe salvata dalla sua solitudine, non sapendo che la solitudine, invece, era proprio là fuori, nella giungla di un prezzo altissimo da pagare, quello della propria anima.

Vincenza Fava




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