Binari storti

Binari storti
Binari storti (LietoColle, 2015)

sabato 29 ottobre 2011

Ritmo 1

Aveva un po' di soldi in tasca e camminando sul boulevard intriso di foglie malinconiche e sgualcite dai passanti, si fermò assorta a pensare a cosa poteva fare con quei pochi spiccioli, bastavano a mala pena per il pranzo dell'indomani, una zuppa calda o magari una baguette farcita ... Ma il boulevard a quell'ora della sera ispirava ben altro ... si sedette pensierosa su una panchina appartenuta poco prima ad una coppia di giovani amanti, freschi di sorrisi e di baci. Le si era stretto il cuore ad immaginare ... solo immaginazione e niente altro. I sogni hanno vita breve quando la vita chiede altro: un lavoro? Un uomo che pensasse a lei? Ma quando mai si sarebbe lasciata convincere, a condividere, a permettere che qualcuno osasse avventurarsi nel suo cuore ormai troppo stanco di favole, di parole, di gesti quotidiani, di una tazza di latte freddo, inacidito dalla noia di un mattino acerbo ma già pieno di orrori da smaltire durante la giornata ... Eppure c'era ben altro, lo sapeva dentro di lei e il dilemma era agire o restare inerme a pensare, a pensare alle lungaggini di un tempo che non trovava scorciatoie verso la fine degli affanni. Era ora di alzarsi e prendere la vita di petto, inzupparsi, infangarsi, sporcarsi, ma era ora di farlo ... Si alzò tormentata e stanca di non essere riuscita a trovare una soluzione. Si rimise a camminare, avanti, andava avanti ed amava fermarsi ogni tanto sotto la luce magica di un vecchio lampione che sembrava stare lì proprio per lei, per appoggiare il suo corpo, la sua debole carne e i suoi occhi accecati dal nulla del domani. Poi si guardò in una vetrina, la luce del lampione le rimandava il suo volto e la sua figura: era ben vestita, prima di uscire di casa aveva messo il vestito più bello, un vestito di seta nera, lungo con un ampio spacco laterale, scarpe nere, tacchi alti. La folta capigliatura le ricadeva sulle spalle e le donava un non so che di angelico e di diabolico ad un tempo, specialmente le labbra rosso carminio erano un invito a perdersi nel suo desiderio di sentirsi ancora viva ... Così prese coraggio e si avviò in modo fulmineo verso quella milonga un tempo tanto amata. Entrò e lasciò dietro di sé ogni paura; il fumo denso del locale le aveva già annebbiato la mente e la musica suadente la invitava a vivere l'effimero dell'istante, di quel presente ora tangibile ed affascinato dai passi marcati e stretti dei tangueros. Vide un tavolo libero, si sedette, non aveva un compagno, non poteva ballare e aspettò che la sorte le donasse una mano amica. Non importava, l'intenzione contava più dei fatti, più della realtà stessa, l'intenzione di sentirsi carne unita al movimento e al ritmo del sangue ora fluido e fattosi puro istinto ...

Be continued ....

Vincenza Fava

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