Binari storti

Binari storti
Binari storti (LietoColle, 2015)

lunedì 17 ottobre 2011

Prima che

Ricordo i primi passi sulla spiaggia, sembrava di sprofondare in una terra soffice, inzuppata di acqua e fango di vento. Mia madre ansiosa e preoccupata mi teneva per le mani, non voleva che il mare mi trascinasse lontano da lei. Con lei dovevo restare, vicino a lei dovevo restare e sembrava che mi dicesse che all'infuori di lei tutto era pericoloso, tutto l'orizzonte poteva ingoiarmi e l'infinito non sarebbe stato mai alla mia portata, alla portata di ogni uomo e donna che avrebbe calpestato il suolo dell'esistenza. Eppure volevo immergermi in quelle acque ritmate dove le onde giocavano a rincorrersi come quando giocavo con mia sorella tra gli alberi selvaggi della campagna. Avrei potuto essere gioco nel gioco, ma il gioco era troppo pericoloso, vicino a lei dovevo restare, con lei dovevo restare. Ma le mie mani cercavano di liberarsi dalle sue, volevo vivere di mare, volevo vivere d'infinito, sapevo già dentro di me che l'orizzonte non era troppo distante dal mio corpo e dal mio tenero spirito, ingentilito di poche memorie ancora. E le grandi memorie vanno create col fuoco del coraggio, perché la polvere può trascinar via con sé ogni ricordo. Abbiamo poco tempo per vivere di coraggio, il resto del tempo lo gettiamo nel vento, così come se fosse spazzatura. Dobbiamo stringere il tempo, dobbiamo vivere d'amore e solo di esso consumarci. Ma quelle mani, a volte, ancora mi stringono per fermare il mio istinto, per dirmi che non è possibile andare verso il mistero dell'esistenza, paura devi avere paura, non puoi non avere paura, devi avere paura e tutto sarà più semplice. Eliminando la paura, potresti avventurarti in zone proibite e cadere sotto i colpi del destino, le onde potrebbero trascinarti lontano da me, figlia mia, lontano da me, resta vicino, resta ancora non te ne andare. Eppure adesso so che devo andare, niente paura, posso gettarmi nel mare, posso vivere di aria e di onde, posso cadere sotto i colpi del destino, posso cadere perché un giorno dovrò cadere lo stesso ed è meglio essere preparati e saper cadere, magari, perché no, anche ridendo. E tutto resta, tutto resta accanto a sé stesso, ma noi no, noi non resteremo mai così vicine, così vicine. Voglio restare con me stessa, voglio cadere da sola e imparare a cadere negli infiniti segni del mistero e abbracciare il mio destino prima che io cada sotto i suoi colpi, prima che sia troppo ... prima che ... prima che il buio parli alla mia voce, trasportando con sé le mie povere confessioni di anima confinata nelle mani di un Dio qualunque.

Vincenza Fava

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